L’assassinio di Aldo Moro arriva a teatro con un’opera musicale (video)

10 Dic 2016 13:50 - di Robert Perdicchi

Il drammatico epilogo della sua vita ha occupato la memoria collettiva, ponendo in secondo piano la complessità della sua figura di politico nei decenni prima del rapimento. È per questo che, in occasione del centenario della sua nascita, l’Accademia Filarmonica Romana ha commissionato a Sandro Cappelletto e Daniele Carnini l’opera di teatro musicale “Un’infinita primavera attendo” dedicata allo statista Aldo Moro.

In un video tutti i luoghi di Aldo Moro

Ad aprire la rappresentazione teatrale, ospitata ieri sera dal Palladium di Roma per la sua prima assoluta, la proiezione di un video che riproduce le piazze, i palazzi, le strade che da via Caetani portano a via Fani e di una ragazza che, davanti alla targa che lo commemora, non sa chi sia Aldo Moro. Segue il plot vero e proprio, legato a una storia riconoscibile dal pubblico e, al tempo stesso, simbolico e proiettato su un messaggio che esula dalla vita di Moro e abbraccia le vicende di ognuno. “Non sono mai cattive le cose che vengono dette con sincerità – canta il tenore Daniele Adriani citando il presidente Moro, di cui è interprete – invece non sono utili le cose che si nascondono, che si riducono a serpeggianti mormorazioni”: una riflessione da cui si snoda il “percorso eversivo” dello statista, come ha sottolineato il regista Cesare Scarton, che finisce per “coalizzare contro il protagonista tutte le forze votate al mantenimento del sistema”.

La tragedia della sordità

“La tragedia di Moro – hanno detto gli autori – è una tragedia del linguaggio, e della reciproca sordità”. Ecco quindi un’opera, eseguita dalla Roma Tre Orchestra diretta da Gabriele Bonolis e realizzata in coproduzione con l’Istituto Treccani, ideata per conoscere, interrogarsi e comprendere le ombre della storia contemporanea dell’Italia, attraverso il teatro musicale e scenografie multimediali che supportano le tensioni dell’azione scenica su un palcoscenico spoglio e vicino alla drammaticità dei dialoghi. 

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