La morte di Morosini, il giudice spiega: «Dovevano usare il defribillatore»

14 Dic 2016 14:49 - di Redazione
morosini ricordo

Per cercare di salvare Piermario Morosini bisognava usare il defribillatore. “Tutti i medici che hanno collaborato e si sono avvicendati nei primi soccorsi a Morosini erano tenuti all’uso del defibrillatore”: ruotano attorno a questa argomentazione le 40 pagine di motivazioni che accompagnano la sentenza di condanna del medico del 118 Vito Molfese (1 anno), del medico sociale del Livorno Manlio Porcellini (8 mesi) e del medico del Pescara Ernesto Sabatini (8 mesi), per la morte del calciatore Morosini, avvenuta il 14 aprile 2012. Il giocatore della squadra toscana si accasciò a terra al 29′ del primo tempo sul terreno di gioco dello stadio Adriatico di Pescara. Quanto alle cause del decesso, il giudice del tribunale monocratico di Pescara, Laura D’Arcangelo, ha ritenuto condivisibili le conclusioni dei periti, secondo le quali “Morosini è stato colpito da fibrillazione ventricolare indotta dalla cardiopatia aritmogena da cui era affetto e dallo sforzo fisico intenso”. È stato escluso che Morosini sia stato colto da una possibile asistolia, sulla quale non sarebbe stato possibile intervenire efficacemente con il defibrillatore. Una volta stabilito che il defibrillatore era presente sul campo e che andava utilizzato tempestivamente, il giudice si è dunque occupato di individuare le responsabilità di chi avrebbe dovuto utilizzarlo. “Poiché il Dae è uno strumento di facilissimo utilizzo – rimarca D’Arcangelo – è del tutto evidente come il suo utilizzo debba essere parte del necessario bagaglio professionale di qualsiasi medico, anche non specialista”. Secondo il giudice, gli imputati “non potevano non avere visto che il Silvestre aveva prontamente predisposto il Dae accanto alla testa dell’infortunato: Porcellini, Sabatini e Molfese, intervenuti in soccorso di Morosini nei primi minuti dopo il malore, avrebbero dovuto, una volta effettuate le manovre prodromiche, procedere alla defibrillazione”. Il giudice inoltre esclude “qualsiasi incidenza, in termini di responsabilità degli altri medici, del ruolo di leader eventualmente attribuibile a uno di loro”, in virtù del fatto che “l’utilizzo del defibrillatore in tale frangente costituisce una procedura codificata e non connessa ad alti livelli di specializzazione”.

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