Immigrati, pugno duro della Cassazione: giudice buonista in torto

14 Dic 2016 18:44 - di Redazione

Accolta dalla Cassazione una serie di ricorsi del Procuratore generale della Corte di Appello di Venezia contro le assoluzioni di alcuni immigrati marocchini accusati di essere rimasti in Italia nonostante l’espulsione e l’ordine di allontanamento emessi nello stesso giorno. Per il Giudice di pace di Verona, gli immigrati erano da assolvere in quanto “il fatto non costituisce reato” sulla scorta dei “più recenti orientamenti in tema di immigrazione clandestina sul piano etico e su quello legislativo che avevano significativamente mutato la considerazione” del reato di permanenza illegale in Italia. Inoltre la circostanza che i due provvedimenti erano stati emessi nello stesso giorno, secondo il giudice scaligero, indicava che non si era accertato se gli stranieri avessero validi motivi per rimanere.

Contro questa decisione, il Pg ha protestato in Cassazione facendo presente che non c’era alcuna prova dalla quale desumere che gli immigrati erano “inconsapevoli” di essere stati espulsi e di essere obbligati ad andarsene, nè in alcun modo avevano giustificato “l’indebita permanenza” in Italia. I supremi giudici gli hanno dato ragione e hanno sottolineato che il reato può essere escluso “soltanto dalla rappresentazione di una situazione effettivamente ‘giustificativa’ o dalla dimostrazione che la inosservanza del provvedimento espulsivo è correlata alla non consapevolezza da parte” degli imputati “del relativo obbligo” di rimpatriare e, quindi, “alla non volontarietà della condotta omissiva”. Quanto al fatto che l’emissione nello stesso giorno dell’ordine di espulsione e di allontanamento indicherebbe l’assenza di accertamenti, la Cassazione replica che “tali elementi, tuttavia, non rappresentano in termini coerenti, unitamente alla pure prospettata tendenza legislativa alla depenalizzazione del reato, la sussistenza di un giustificato motivo” per assolvere gli immigrati ‘renitenti’ al rimpatrio. Ora il Giudice di pace di Verona deve rivedere la sua decisione “tenendo presenti i principi e i rilievi” formulati dai supremi giudici nella sentenza 52929, seguita da altri verdetti ‘omogenei’.

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