Ue, Juncker sprezzante su Renzi: «Non mi frega niente dei suoi attacchi»

7 Nov 2016 17:43 - di Niccolo Silvestri

Dai sorrisetti maligni di Nicolas Sarkozy e Angela Merkel che diedero il via libera alla grancassa che di lì a poco avrebbe portato alla caduta dell’ultimo governo guidato Berlusconi, alle minacce esplicite del presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker e quelle solo un po’ più velate del commissario all’Economia, il francese Pierre Moscovici. Matteo Renzi comincia a sperimentare sulla propria pelle quanto sa essere dura l’Europa a trazione tedesca verso chi si discosta dalle regole imposte da Berlino. Con la differenza che mentre Berlusconi aveva sempre mantenuto un atteggiamento molto critico verso Bruxelles, pagando alla fine anche per questo, l’attuale premier ha scondinzolato a lungo inorno alla Cancelliera nella speranza di ritagiarsi uno strapuntino nei vertici che contano. Ma è stato tutto vano. I nodi sono venuti al pettine e ora bisogna sciogliergli, a cominciare da quelli annidati nella manovra economica.

Juncker: «Renzi ha già avuto 19 miliardi»

Renzi è in campagna elettorale. Sul referendum del 4 dicembre si gioca tutto e la polemica con la Ue gli fa più bene che male. Ma questa è la propaganda del momento. Nel merito dei nostri conti, la situazione è molto più complessa e ci mostra quanto azzardata ed irresponsabile sia stata la strategia del premier. Renzi ha infatti immaginato di fare della legge di Stabilità un formidabile arsenale di consenso imperniato su sconti, bonus e mance elettorali. Ha colto l’occasione del terremoto e egli sbarchi come un grimaldello per spingere la Ue ad allentare i cordoni della borsa, ma ora deve fare i conti con l’indisponibilità assoluta di Juncker, indispettito – per altro – dal fatto che Renzi non gli abbia riconosciuto alcun merito rispetto al fatto di aver apportato criteri interpretativi “meno stupidi” del Patto di stabilità.

La flessibilità sui conti si allontana

Anche il governo Renzi ne ha beneficiato ottenendo 19 miliardi in più per il 2016. Logico, quindi, che il commissario Ue voglia togliersi qualche sassolino dalle scarpe: «L’Italia – ha infatti detto parlando ai sindacati europei – non può più dire, e se lo si vuole dire lo si può fare ma me ne frego in realtà, che le politiche di austerità sarebbero state continuate da questa Commissione come erano state messe in atto in precedenza». Quindi l’avvertimento: «L’Italia non smette di attaccare la Commissione a torto e questo non produrrà i risultati previsti». Anche perché – ha ricordato Juncker – «l’Italia aveva promesso di avere un deficit dell’ 1,7 per cento nel 2017 mentre ora ne propone uno del 2,4 quando i costi “aggiuntivi” per migranti e terremoto valgono lo 0,1 per cento del Pil». Infine, l’affondo: «L’Italia oggi, nel 2016, può spendere 19 miliardi in più, che non avrebbe potuto spendere se non avessi riformato il Patto di stabilità nel senso della flessibilità indicato». Meno duro nella forma, ma ugualmente severo nella sostanza il commissario Moscovici: «Ci sono regole che vanno rispettate da tutti, e la Commissione è lì per farle rispettare». Renzi è avvertito.

 

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