La Cassazione: dare dell’omosessuale non è reato. I tempi sono cambiati

30 Nov 2016 10:46 - di Giorgia Castelli

Omosessuale è una parola come tante. Indica solo le preferenze sessuali di qualcuno, non è un insulto. E nessuno può sentirsi offeso di essere definito così, nemmeno se ha gusti eterosessuali. È la Cassazione a togliere a questo termine il carico di “onta e disonore” che per tanti anni lo ha accompagnato. «Nel presente contesto storico» è da escludere che «il termine omosessuale» abbia conservato «un significato intrinsecamente offensivo». Forse lo si poteva ritenere in un passato nemmeno tanto remoto. Per la Cassazione il termine è entrato nell’uso corrente e attiene alle «preferenze sessuali dell’individuo». Per cui assume di per sé «un carattere neutro». Non è lesivo della reputazione di nessuno, anche se rivolta a un uomo etero.

La Cassazione: il vocabolo omosessuale è neutro

Con questa motivazione, la Cassazione ha annullato senza rinvio una condanna per diffamazione. L’imputato è un uomo argentino di 70 anni, Carlo Alberto Chichiarelli. Era noto per vantare un credito di tredici milioni e mezzo di euro dal Comune di Roma per l’enorme espropriazione dei terreni di Tor Bella Monaca appartenuti al conte Romolo Vaselli. Era entrato nell’asse ereditario per via di una “liaison” sentimentale. Contro la condanna penale pari a una pena pecuniaria di entità non nota, Chichiarelli ha fatto ricorso direttamente in Cassazione, saltando l’appello.

La reputazione non viene intaccata

Sosteva che la parola omosessuale ha ormai perso «qualsiasi carattere lesivo» nell’evoluzione «del linguaggio comune». La tesi ha fatto breccia tra i giudici della Cassazione. «Il termine in questione – si legge nel verdetto – assume un carattere di per sé neutro». Infatti si attribuisce una qualità personale entrata nell’uso comune». Inoltre, gli ermellini escludono che «la mera attribuzione» della “qualità” di omosessuale, «attinente alle preferenze sessuali dell’individuo», abbia di per sé «carattere lesivo della reputazione» tenendo conto «dell’evoluzione della percezione della circostanza da parte della collettività».

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