JPMorgan pizzicata a corrompere in Cina, sanzione da 264 milioni di dollari

17 Nov 2016 18:41 - di Paolo Lami

Il metodo era semplice ma efficace: JPMorgan reclutava in Cina i giovani rampolli delle famiglie-bene cinesi, soprattutto di uomini dell’apparato politico, i cosiddetti “princelings“, i “principini”, in cambio di favori per l’attività stessa della banca. Un giochetto che, ha deciso la Sec, la Securities and Exchange Commission, ha ripetutamente violato il Foreign Corruct Practices Act, la legge statunitense varata nel 1997, che vieta espressamente alle aziende Usa il pagamento di tangenti a funzionari stranieri, anche sotto forma di assunzioni dei propri congiunti, per “oliare” i propri business. Di qui la multa che oggi JPMorgan ha patteggiato con le autorità americane: il pagamento di 264 milioni di dollari per risolvere la disputa sulle assunzioni in Cina. La sanzione finirà per 130 milioni di dollari nelle casse della Sec, l’equivalente della Borsa italiana, 72 milioni di dollari andranno al Dipartimento di Giustizia Usa e 62 milioni di dollari li intascherà la Fed, la Banca Centrale degli Stati Uniti.
In particolare nel mirino della Sec sono finite le assunzioni di due “figli di”, il figlio di Gao Hucheng, ministro del commercio cinese e il figlio di Tang Shuangning, a capo del China Everbright Group, un conglomerato di aziende leader nel settore della tutela ambientale in Cina.
Il bello che la cosa sarebbe anche passata sotto silenzio se non fosse per il fatto che i due raccomandati si sono rivelati dei pasticcioni incredibili. E sono iniziate a circolare email aziendale dove, da un lato, ci si lamentava per ciò che i “figli di” stavano combinando e, dall’altro, ci si rammaricava di non poterli cacciare in quanto “figli di” e, quindi, assolutamente necessari per espandere il business di JPMorgan in Cina.
Il caso più eclatante è, forse, quello di Gao Jue, fantozziano figlio del ministro del commercio cinese, assunto a New York nel 2007. Il pargolo ne ha combinate di tutti i colori dentro JPMorgan. Le email dei colleghi che circolano – e che ora sono nelle mani degli agenti federali Usa – lo definiscono «immaturo, irresponsabile e inaffidabile». Si è poi lasciato scadere il suo visto di lavoro negli Usa costringendo JPMorgan a correre ai ripari al posto suo. Un reclutatore di risorse umane, Danielle Domingue, lo ha definito, senza mezzi termini, «il peggior candidato di Business Analyst che abbia mai visto». Infine, come se non bastasse, Gao Jue ha inviato una mail dai contenuti sessualmente espliciti e inappropriati a una collega dell’ufficio risorse umane. La classica goccia che ha fatto traboccare il vaso. E che ha costretto la JPMorgan a inviargli un ultimo avvertimento scritto prima del licenziamento. Intervenuto il padre, il ministro del commercio cinese, il licenziamento imminente è rientrato ma sono iniziate a volare nuove email in cui, a chi si lamentava di quel raccomandato, veniva spiegato che, nonostante tutto, non si poteva cacciare in quanto Gao Jue rappresentava la chiave di volta per aprire e consolidare il business della JPMorgan in Cina.
Anche il figlio di Tang Shuangning, a capo del China Everbright Group, s’è distinto in JPMorgan.
Il problema non si esaurisce certo qui perché quella dell’assunzione dei “princelings” è sì, una pratica scorretta e vietatissima dalla legge statunitense ma è, altresì, una sorta di prassi consolidata fra le aziende che approcciano al business nel Paese, in particolare le aziende finanziarie e bancarie che non vedono l’ora di assumere qualche “figlio di” per incrementare il business in Cina. E così ora sono in molti a tremare perché l’idea che si va facendo strada è che la Sec, dopo questo caso-scuola – non era mai accaduto prima d’ora – voglia affondare il coltello nel burro e passare sotto il microscopio tutte le assunzioni delle aziende Usa in Cina. E sbaglierebbe chi pensasse che questo è un problema circoscritto solo agli Usa. Gli investigatori della Sec hanno accertato che, almeno per JPMorgan, tutto partì da una mail con la quale i dirigenti di JPMorgan Chase della filiale di Hong Kong lamentavano desolati di aver perduto un business contro Deutsche Bank perché la banca tedesca aveva reclutato tra le sue file la figlia di un altissimo dirigente. La lezione fu talmente dolorosa e indigeribile che, da quel momento – era il 2006 –  JPMorgan decise di avviare il programma di assunzioni denominato “Sons and Daughters“, “figli e figlie”.

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