In municipio col niqab, condannata a 30.000 euro di multa 40enne albanese
A nulla sono valsi richiami al rispetto delle leggi e all’opportunità. Non hanno prodotto alcun risultato neppure le richieste reiterate del sindaco Antonio Di Bisceglie. Sono rimaste inascoltate le sollecitazioni e le colcusioni frutto di polemiche sociali e dissertazioni morali: la donna – che vive a San Vito al Tagliamento dal 2000 e che da qualche anno ha acquisito la cittadinanza italiana – è sempre rimasta sulle proprie posizioni e ha continuato a indossare il niqab, rifiutandosi di togliere il velo integrale legato alla tradizione religiosa musulmana, che le lascia scoperti solo gli occhi…
In municipio col niqab, albanese condannata
Così oggi, a provare a mettere la parola fine a quasta incredibile vicenda ha provveduto il tribunale, o meglio, quanto disposto nel decreto penale di condanna, firmato oggi dal Gip di Pordenone Alberto Rossi, nei riguardi della cittadina quarantenne, residente in Italia, ma di origini albanesi, nei confronti della quale sono stati disposti quattro mesi di arresto, convertiti in 30.000 euro di multa. La conclusione di una querelle cominicata venti giorni fa, durante una seduta del Consiglio comunale dei ragazzi di San Vito al Tagliamento (Pordenone), quando la donna, rifiutando di farsi riconoscere, avendo il volto interamente coperto dal niqab, era stata identificata solo in un secondo momento e in un posto diverso.
Il richiamo all’osservanza delle nostre norme
La donna, infatti, era pervicacemente rimasta sulle proprie posizioni, costringendo personale della Polizia Locale, intervenuto quando la polemica era montata oltre i livelli di guardia, a farla allontanare dall’aula consiliare. Gli agenti hanno poi completato l’istruttoria della pratica e con il supporto dei militari dell’Arma hanno provveduto a informare il pm di turno. Solo in un secondo momento, insomma, si è potuto procedere alla sua identificazione in una saletta attigua. E solo oggi si è potuto chiudere la questione cominciata tre settimane fa, con il provvedimento giuridico e il Gip Rossi che, su richiesta del sostituto procuratore Federico Facchin, ha ritenuto che contro la donna si possa configurare la violazione della legge 152 del 1975, che disciplina il comportamento delle persone nei luoghi pubblici e l’obbligo di riconoscimento del volto, che per ragioni di sicurezza non può essere nascosto o travisato. Soprattutto in cosiderazione del fatto che, tutto si è verificato in una delle tantissime nostre città che ha aperto le porte all’ospitalità di immigrati e profughi e che, al dovere dell’accoglienza, chiede che si risponda con l’obbligo all’osservanza delle nostre norme. Specie se, in un momento come quello che stiamo vivendo, in testa a tutte vige l’imprescindibile necessità di rispettare le regole mirate a garantire la sicurezza dei cittadini e dei luoghi.