Castro, il “libro nero” dei dissidenti perseguitati e uccisi. 1,2 milioni fuggiti da Cuba

26 Nov 2016 12:15 - di Guglielmo Federici

La traiettoria biografica di Fidel Castro è inseparabile dalla storia della rivoluzione cubana della quale fu il lider maximo. Una rivolta armata lanciata alla fine degli anni ’50 contro il regime di Fulgencio Batista che poco tempo dopo il suo abbattimento cominciò a trasformarsi in un regime totalitario. Ancora oggi Cuba è il paese dell’emisfero occidentale nel quale il governo è responsabile delle peggiori violazioni e soppressioni dei diritti umani, secondo numerosi esperti e ong, che nel corso degli anni hanno affrontato con dati e analisi questo lato  oscuro dell’Avana. La totale opacità del regime ha reso difficile la raccolta di informazioni affidabili. Ciò non ha però impedito agli organismi a difesa dei diritti umani di segnalare per esempio che il governo reprime “sistematicamente individui e gruppi che lo criticano o rivendicano i loro diritti” (Human Rights Watch, 2013); mantiene “un ferreo controllo di oppositori, attivisti dei diritti umani e giornalisti indipendenti” (Amnesty International, 2014), nell’ambito di una “permanente e sistematica di violazione dei diritti dei cittadini” (Commissione Interamericana dei Diritti Umani, 2014).

Le vittime di Fidel Castro: “Il libro nero del comunismo”

Di fatto, nei suoi lunghi anni al potere Castro ha eliminato le libertà civili nell’isola, dove non esiste pluralismo politico, né diritto di assemblea o di manifestazione. E ancora, viene sottolineato da più fonti, le autorità controllano ogni forma di espressione pubblica. Sulla base del modello delle repubbliche popolari dell’Europa dell’Est, si è sviluppato un sistema di controllo e repressione sociale capillare di terribile efficacia. E’ difficile stabilire il numero esatto delle vittime del castrismo: Amnesty registra 237 condanne a morte per motivi politici dal ’59 all’87, ma lo storico britannico Hugh Thomas sostiene che ci sono state 5.000 esecuzioni dal ’59 al ’70. Il “Libro Nero del Comunismo, curato da Stephane Courtois, parla di 15-17 mila morti per motivi politici dal trionfo della Rivoluzione fino alla metà degli anni ’90.

Oltre un milione di cubani è fuggito

Una cifra meno aleatoria e sicuramente significativa è quella dei cubani andati via dall’isola, malgrado le forti restrizioni all’emigrazione, da quando i Castro sono al potere: in totale circa 1,2 milioni, pari al 10% della popolazione cubana. Un numero che aiuta a capire perché le rimesse dei cubani all’estero rappresentano un’entrata di valuta estera superiore a quella dell’industria turistica. La storia di Fidel, che è la storia di Cuba, è segnata dai capitoli che hanno accompagnato lo sviluppo autoritario del governo, a partire dalle fucilazioni nella prigione della Cabana all’Avana e la fondazione del primo campo di lavoro a Guanahacabibes nel ’59: entrambi coordinati da Ernesto Che Guevara. Oltre alla condanna a 20 anni di carcere per “sovversione” del comandante ribelle Huber Matos, che scontò tutta la sua pena e morì in esilio nel febbraio del 2014. Nel ’61 Castro pronunciò d’altra parte il suo famoso discorso rivolto agli intellettuali che segnò la fine della libertà artistica (“Quali sono i diritti degli artisti? Dentro la rivoluzione tutto, contro la rivoluzione nessun diritto”). Dieci anni dopo il poeta Herberto Padilla fu processato per “attività sovversive” e obbligato ad un’autocritica pubblica nello stile dei processi stalinisti.

Apparato politico repressivo

Nel 1989 il generale ed eroe della “revolucion” Arnaldo Ochoa venne fucilato per narcotraffico e tradimento. Ogni iniziativa dei dissidenti viene schiacciata con una combinazione di repressione poliziesca e “manifestazione spontanea delle masse”: nel 1998 Oswaldo Payà lanciò il “Progetto Varela”, raccogliendo le firme per promuovere una riforma costituzionale. Fidel rispose con un appello al popolo e nel giugno del 2002 convocò in piazza oltre 9 milioni di cubani. Nel 2003 lanciò la “Primavera Nera”, durante la quale decine di dissidenti furono arrestati e condannati a lunghi anni di carcere. Le mogli e le familiari delle vittime di quell’ondata repressiva fondarono le ‘Damas de Blanco’ – Premio Sakharov dell’Europarlamento nel 2005 – che ancora oggi sfilano ogni domenica andando a messa nel centro dell’Avana, circondate da gruppi che gridano contro “i nemici della Rivoluzione”. Dopo il passaggio di consegne tra Fidel e Raul, le riforme lanciate dal regime hanno permesso ai cubani maggiori libertà economiche e di movimento, grazie anche alle aperture per viaggiare all’estero. Ma hanno lasciato intatto l’apparato politico repressivo, che anzi ha intensificato le “operazioni di sicurezza” contro i dissidenti, moltiplicando gli arresti per ostacolarne l’azione. Ora si cambierà registro?

 

Commenti

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  • 22 Febbraio 2018

    I don’t know what is wrong with your site but it does not allow the English language, it makes several errors, each time I make a comment..please fix…the word was ASSASINATION!!!

  • 22 Febbraio 2018

    Assignation (correction) above

  • 22 Febbraio 2018

    Well he ordered the Assisi action of El Che, and had his hands cut off to verify he was dead…great communist..Cuba still drives in 1957 Chevrolet’s, viva communism!!