Sos voto all’estero: vale il 5%. I no pronti al ricorso se sarà determinante

23 Nov 2016 10:10 - di Elsa Corsini

Il pasticciaccio del voto degli italiani all’estero al referendum costituzionale potrebbe determinare l’esito delle urne ed essere impugnato dai promotori del no. Conti alla mano, infatti, il voto degli italiani residenti fuori dai confini potrebbe rappresentare il 5 per cento del totale e quindi essere determinante per la vittoria finale di uno dei due fronti.

Italiani all’estero, il no pensa al ricorso

Questa volta, stando alle previsioni, saranno molti gli italiani all’estero che voteranno sulla legge costituzionale, molti di più che in passato: il loro peso potrebbe oscillare tra il 5 e il 6 per cento dei votanti complessivi, prendendo per buona l’ipotesi di Renzi di 25-30 milioni alle urne. Questo significa circa 1 milione e mezzo di voti che potrebbero rivelarsi decisivi (con la maggioranza che si dovrebbe schierare per il sì).  «Il voto è personale, libero e segreto – contestano i sostenitori del no – il modo con cui si vota all’estero non garantisce la segretezza, visto che la scheda arriva con una busta e l’esperienza ha già dimostrato che questa può essere manipolata». Le buste con il voto e il codice a barre anti-brogli dovranno essere restituite ai consolati entro il 1° dicembre e da lì arriveranno in Italia nei sacchi diretti all’hangar di Castelnuovo di Porto, in provincia di Roma.

Una truffa che vale il 5 per cento

La  possibile “truffa” è stata denunciata dal comitato per il no, che ipotizza la violazione di alcuni principi fondamentali e minaccia un’impugnazione ufficiale davanti a una Corte. «Se il voto all’estero risultasse decisivo per una vittoria del sì di misura, è una cosa che ci dispiacerebbe molto», dice il vicepresidente Alfiero Grandi che conferma i presupposti per un ricorso. A pochi giorni dal voto è palese che il governo non è in grado di assicurare la regolarità del voto referendario degli italiani all’estero. La conferma è giunta in Commissione Affari Costituzionali al Senato, dove a seguito di un’interpellanza del grillino Vito Crimi diretta ad Alfano, il governo ha confermato che non solo non è al momento in grado di rispondere, ma per farlo ha bisogno di un’istruttoria senza saper quantificare il tempo richiesto. La reazione del Pd renziano non si è fatta attendere, dopo lo spauracchio dell’apocalisse in caso di vittoria del no ora giocano la carta dello scontro frontale accusando gli avversari del sì di terrorismo psicologico. «Con l’annuncio di un ricorso del comitato del no in caso per i democratici si sono superati anche i più ampi confini del rispetto delle regole democratiche e, prima ancora, della decenza civile», protestano i deputati dem.

 

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