Penalisti contro Davigo: “La sua corrente ha un volto autoritario e antidemocratico”

13 Ott 2016 17:03 - di Paolo Lami

Una provocazione appresso all’altra. E, alla fine, anche l’Unione Camere Penali sbotta. Sale di livello lo scontro fra l’Avvocatura penale italiana e Piercamillo Davigo, onnipresente segretario dell’Associazione Nazionale Magistrati e fondatore e presidente della corrente di sinistra delle toghe, Autonomia e Indipendenza, corrente che, secondo gli avvocati «mostra il suo volto autoritario e antidemocratico e una visione proprietaria della giustizia». Una visione, insiste l’Unione, dalla quale l’Anm non ha preso le distanze e che, pertanto, dobbiamo ritenere condivida».
Nel mirino degli avvocati ci sono, soprattutto, le recenti prese di posizione del gruppo sulla riforma del processo penale e sul rafforzamento del ruolo dei legali nei Consigli giudiziari.
Nella valutazione dei capi degli uffici giudiziari, «penso che si possa sicuramente introdurre una presenza con voto dell’avvocatura» nei consigli giudiziari, aveva osato dire il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, appena un mese fa. Apriti cielo. Le toghe sono insorte agitando la lesa maestà. Con Davigo che ha iniziato a soffiare sul fuoco delle polemiche tirando bordate a destra e a manca. E stuzzicando gli avvocati. Che hanno reagito.
«Secondo Anm, dunque, ogni possibile riforma del processo penale deve avere la necessaria e ineludibile approvazione della magistratura. Una posizione, questa, che – osservano i penalisti – rivendicando in materia di prescrizione la necessità di riforme autoritarie e contrarie al Giusto Processo, già ritenute incongrue e dannose in sede di Commissione giustizia del Senato, tiene tuttora in scacco il Governo e l’intero Parlamento e mette in pericolo gli equilibri politici e istituzionali del Paese».
«La pietra dello scandalo e il motivo scatenante della rivolta alla approvazione del disegno di legge governativo sta, tuttavia, in quella norma (l’art. 18, ndr) che impone ai magistrati il rispetto di termini precisi per il promuovimento dell’azione penale all’esito delle indagini preliminari. Una norma di civiltà e di buon senso, che va nella direzione di realizzare il principio costituzionale della ragionevole durata del processo, che viene vista dalla magistratura come una insopportabile ingerenza».
«Altrettanto gravi» sono, per l’Unione Camere Penali italiane, «le prese di posizione sulle caute aperture alla ipotesi di una effettiva partecipazione degli avvocati all’interno dei Consigli Giudiziari»
Queste aperture «hanno innescato una reazione parossistica che denuncia ancora una volta come, per Anm, l’amministrazione della giustizia sia affare esclusivo dei magistrati», dicono i penalisti.
Ma non è tutto: «quei giudizi gratuiti quanto insensati, con i quali si afferma l’esistenza di infiltrazioni criminali che determinerebbero “rapporti patologici” tali da rendere impossibile un diritto di voto degli stessi avvocati nei Consigli Giudiziari, offendono in maniera davvero intollerabile l’intera avvocatura penale».
«Ricordiamo, in proposito, il tributo di sangue dei tanti avvocati vittime di quelle realtà criminali che nei territori più a rischio hanno pagato con la vita la difesa dei valori di legalità e di fedeltà propri della funzione difensiva».
«Se la politica non risponderà con fermezza e autorevolezza a questa provocazione – avvertono i penalisti – sarà l’Avvocatura a segnalare con un’azione decisa che il limite che separa la corretta dialettica sulle riforme dalla prevaricazione dei ruoli istituzionali è stato inammissibilmente valicato».

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