Milano è la vera Capitale d’Italia? Sì, di quella renziana. E Raggi sta sui tetti…
È Milano la vera capitale d’Italia? Da mesi si parla del “modello Milano”, da mesi si celebra la funzionalità del capoluogo lombardo, e ancora da mesi si oppone il glamour ambrosiano alla decadenza romana. L’ultimo tassello: lo scippo del Salone del Libro a Torino, guidata da una sindaca Cinquestelle che non ha saputo salvaguardare quella che era una vetrina d’eccellenza della sua città. Oggi il numero di Panorama in edicola è ancora più esplicito, e tira le somme: Milano è la vera capitale, non ci sono più dubbi dopo che Matteo Renzi l’ha definita “la città leader che prende l’Italia per mano”. Città leader, prosegue Panorama, anche per i numeri: “Il sorpasso su Roma è nei numeri. Dal Prodotto interno lordo pro capite (44.700 euro a Milano contro i 37.600 di Roma), al reddito imponibile (30.156 euro contro 24.577) fino al valore aggiunto (44.555 euro contro 31.415). Sorride anche l’occupazione: più 4,3 per cento contro lo 0,3 di Roma. E il trend crescerà ancora se il capoluogo lombardo si aggiudicherà la sede dell’Eba, la European banking authority, e dell’Ema, l’Agenzia per il farmaco, entrambe in uscita da Londra”.
Che Renzi punti su Milano, dove ha fortemente voluto la candidatura vincente di Giuseppe Sala, non è una novità. Del resto ogni pietra a Roma parla della sconfitta della sinistra e del suo Pd, che persino il candidato sindaco Roberto Giachetti ha definito “una palla al piede”. Troppo decentrata e provinciale Firenze, per essere davvero il cuore dell’Italia renziana. Meglio allora scommettere su Milano, reduce dal successo dell’Expo. Primo gradino di un rilancio che attendeva solo di essere amplificato. Questo il ragionamento di Matteo Renzi, che è stato anche il ragionamento – non a caso – di Raffaele Cantone, presidente dell’authority anticorruzione, quando un anno fa sentenziò: “Milano è la capitale morale, è il suo ruolo, Roma non ha anticorpi contro la corruzione”.
Già, il ruolo di Milano. Dopo Tangentopoli – che proprio a Milano, con Mario Chiesa, aveva la sua centrale di corruzione – la città ha avuto la mission di capoluogo della “resistenza” al berlusconismo grazie alle imprese giudiziarie della Procura e ora ha quello di contraltare al populismo Cinquestelle. Il disegno politico è chiaro, aiutato anche dalla circostanza che Milano è la piazza “moderata” – dove si muovono Stefano Parisi e Roberto Maroni – contro la piazza “caciarona” e sguaiata di Roma, luogo privilegiato degli appelli anticasta. Fu a Roma infatti che Beppe Grillo lanciò il programma più antipolitico che possa esistere: “Se Al Qaeda vuole bombardare Roma gli diamo le coordinate per colpire il Parlamento”. Era la campagna elettorale per le politiche del 2013.
Poi Roma è stata bombardata veramente: in primo luogo dall’inchiesta Mafia Capitale partita due anni fa e ancora non conclusa, o meglio punteggiata da continui colpi di scena che la stanno smontando pezzo dopo pezzo. Ultima picconata alla teoria della “cupola” all’ombra del Colosseo, con a capo Er Cecato, è la richiesta di archiviazione, oggi, per 116 indagati di un’inchiesta extralarge che non si sa quando e come finirà. E, dopo, è stato un crescendo di notizie negative, un bombardamento mediatico che ha distrutto e lacerato l’immagine di Roma. Dai topi alla spazzatura, fino alla foto – emblematica – di Virginia Raggi seduta, pensierosa e sola, sul tetto del Campidoglio, a rimirare il panorama sempre splendido della città eterna, una città per lei ingovernabile. E chissà se la sindaca si è accorta della manovra in atto su Milano, del saliscendi delle capitali che vede Roma sempre declinante, sempre oscurata, sempre relegata in serie B. Se non fosse troppo occupata a litigare con i membri del direttorio, a prendere istruzioni da Beppe Grillo, a cercare assessori presentabili e a difendere quelli sotto inchiesta, forse si accorgerebbe che vogliono fare di Roma il simbolo della “grande bruttezza”. E che anche questa è la tappa obbligata di una battaglia politica che è appena cominciata.