Donne e Msi. Chi erano e cosa volevano le suffragette della Fiamma

28 Ott 2016 14:29 - di Redattore 54

La destra italiana postbellica che modelli femminili aveva? Nel mondo missino degli inizi, dove la presenza di piazza era l’elemento distintivo e dove spiccavano figure di dirigenti maschili, sicuramente si guardava alle ausiliarie della Rsi come illustri “antenate” del settore femminile del partito. Celebri le figure di Fede Arnaud Pocek (che comandava le ausiliarie della Decima) e di Piera Gatteschi, la ‘generalessa’ delle ragazze in grigioverde (poi passata nelle file di Democrazia nazionale). Eppure non troviamo nessuna di quelle “combattenti per l’onore” in ruoli di rilievo nel Msi. Un caso? Mica tanto, se si ascoltano le parole di Raffaella Duelli, che dedicò la sua vita all’edificazione del Campo della Memoria a Nettuno per dare degna sepoltura ai suoi “camerati” del battaglione Barbarigo: “Io di destra? Non direi. Semmai di estrema destra. Ed estrema destra e estrema sinistra si toccano. Io sono andata a 18 anni a fare la guerra. Ero e sono una rivoluzionaria”.

Ida De Vecchi e Maria Pasquinelli

Al primo Msi guardano naturalmente le vedove e le madri dei caduti in guerra: durante la campagna elettorale per il voto del 18 aprile 1948 Roberto Mieville, dopo un comizio in cui aveva esaltato le virtù degli eterni combattenti, ricevette un mazzo di fiori dalla madre di un caduto. A Trieste era attivissima “mamma Ida”, Ida De Vecchi, che si adoperava per dare sepoltura ai soldati uccisi dai partigiani a Codevigo e gettati in una fossa comune. Un’eroina era agli occhi dei missini Maria Pasquinelli, la maestra istriana che aveva ucciso a colpi di pistola il generale inglese Robert De Winton il 10 febbraio del 1947,  durante la cerimonia di passaggio dei poteri sul capoluogo istriano alle autorità jugoslave.

 

C’era poi la “Evita di Crotone”, Jole Lattari, docente di Lettere eletta alla Camera nel 1963. E c’era Carla De Paoli, anche lei professoressa di Lettere, anima della rivista L’Italiano diretta da Pino Romualdi. Figure di spicco, ma isolate da un progetto. Impietosa in tal senso l’analisi di Anna Teodorani: “Nelle sezioni c’erano donne del popolo ma erano guidate da una contessa, Amalia Baccelli, nota per avere dato a Julius Evola la sua casa in Corso Vittorio Emanuele. Si faceva qualche convegno, si organizzavano le befane tricolori, si preparavano i pacchi per i camerati in galera. La mia impressione è che il Msi fosse molto bravo nel discriminare le donne. Da noi una Nilde Jotti non sarebbe stata possibile, né immaginabile…”.

L’ascesa del femminismo

Come reagisce il Msi dinanzi all’ascesa inarrestabile del femminismo? Con ostilità, dapprima, nel nome del valore irrinunciabile della famiglia, ma anche con un’ironia che tradisce una sottovalutazione del fenomeno. Ancora nel 1979 la famosa giornalista di destra Gianna Preda commenta il cartello esposto durante un corteo femminista, “Basta con le 4 C. Cucina, casa Chiesa, ca..o”, proponendo ai maschi italiani lo sciopero tra le lenzuola: in fatti finché i maschi italiani “continueranno a copulare beatamente e piacevolmente esse avranno ragione di fingersi guerrigliere anti ca..o e a comportarsi come teste di ca..o”.

La novità del mensile Eowyn

Per una risposta più articolata, con fondamenti culturali e ideologici che vadano oltre le battute, bisognerà attendere il mensile Eowyn, fondato nell’ambiente rautiano (tra le primi animatrici le ragazze del Fdg di Padova, con le sorelle Stefania e Cristiana Paternò) che al verbo femminista oppone una lettura tradizionalista della liberazione femminile: il processo di emancipazione ha condotto la donna a non essere più sottomessa all’uomo ma alle leggi di mercato. Per il mondo della destra era una assoluta novità: il gruppo redazionale di Eowyn non a caso venne intervistato da Giampiero Mughini nel corso della trasmissione Nero è bello che per la prima volta diede la parola ai giovani missini e alle realtà culturali che attorno a quel mondo si muovevano. Una delle battaglie della rivista fu quella per l’abolizione del settore femminile del partito, per consegnare le militanti alla politica a tutto campo. Impostazione peraltro condivisa dalle parlamentari Cristiana Muscardini e Adriana Poli Bortone. Una missione realizzata con il Fronte della Gioventù che fu palestra per le “camicette nere” che poi faranno capolino nella destra di governo: da Paola Frassinetti a Isabella Rauti, da Flavia Perina a Roberta Angelilli, da Silvia Ferretto a Elena Donazzan, da Viviana Beccalossi a Giorgia Meloni. All’approfondimento culturale su temi specificamente femminili vennero inoltre dedicate associazioni come il Centro Studi Futura e Donne e non solo. E prima ancora una pagina del Secolo d’Italia settimanalmente centrata sulla questione femminile mirava a contrapporre il valore della differenza a quello, indistinto e massificante, dell’uguaglianza tra i sessi. Infine, grazie a quell’impegno non più confinato ai convegni per l’assegno alle casalinghe, le donne diventano protagoniste anche delle canzoni della musica alternativa di destra: è il caso di Anna di Michele Di Fiò e di Boia chi molla del gruppo Zatapiemme.

Una storia ancora da raccontare

Questo insieme di esperienze, emozioni e ambizioni si incontra, dopo avere attraversato il riflusso degli anni Ottanta, con il mondo del berlusconismo. Una storia ancora tutta da raccontare ma che non appartiene più al Msi, partito sciolto al congresso di Fiuggi del gennaio 1995. E’ vero: al Msi mancò un organico progetto culturale rivolto alle donne in politica, poiché si tese sempre ad affermare che la dimensione privata della famiglia, della maternità, del lavoro di cura, fossero gli ambiti in cui la donna veniva valorizzata e non “schiavizzata”. Sarebbe ingeneroso tuttavia negare o ignorare un contributo anche femminile di idee, iniziative, presenza e militanza (e specifichiamo che qui abbiamo richiamato solo alcune iniziative e alcuni nomi, perché sarebbe davvero impossibile elencare tutte le donne che meriterebbero una citazione) accanto a “camerati” spesso distratti e a volte persino attardati sugli stereotipi  del peggior maschilismo italiano.

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