Confcommercio: «Le promesse di Renzi non dobbiamo pagarle noi con l’Iva»
Per chi governa, si sa, i problemi non finiscono mai. Soprattutto se al governo c’è chi, come Renzi, ha la promessa facile in tempi di manovra economica. La legge di Stabilità che il premier e il ministro Padoan stanno infatti confezionando somiglia sempre di più ad un albero della cuccagna che ad una sana operazione di programmazione e di bilancio dei conti pubblici, tanti sono i bonus, gli sgravi e le esenzioni che vi sono contenute.
Sangalli (Confcommercio): «Mazzata terribile per i consumi»
Ma, si sa, la coperta delle risorse sono è troppo corta per poter accontentare tutti e il conto delle mirabilie preelettorali con cui Renzi sta cercando di procacciarsi il consenso in vista del referendum del 4 dicembre prima o poi finirà sotto il naso di qualcuno. Di tanto, almeno, è convinta la Confcommercio guidata da Carlo Sangalli, che giusto un anno fa plaudì all’annuncio di Renzi di eliminare completamente e definitivamente le clausole di salvaguardia, vale a dire quel meccanismo pronto a mettere in ordine i conti pubblici facendo scattare l’aumento dell’Iva.
Dal premier impegni non mantenuti
L’apertura di credito della Confcommercio e di Sangalli, però, non è stata ripagata da Renzi con altrettanto fervore. Da allora l’aumento dell’imposta sui consumi continua a pendere come una spada di Damocle sulla testa di centinaia di migliaia di commercianti preoccupatissimi dell’effetto depressivo che una misura del genere potrebbe scatenare sulla già debolissima domanda interna e sui consumi in generale. Sangalli lo dice apertamente: «E’ necessario scongiurare che scattino le clausole di salvaguardia se vogliamo trasformare la debole ripresa di oggi in una robusta e diffusa crescita per i prossimi anni». Per il presidente di Confcommercio, che ha chiesto a Renzi «più coraggio» nel tagliare la spesa improduttiva, «l’aumento dell’Iva sarebbe una vera e propria mazzata per i consumi, un boomerang che ricadrebbe sulla testa di tutti e, per di più, in modo regressivo, penalizzando soprattutto le famiglie più povere».