“Domande scomode”. La polizia egiziana indagò per tre giorni su Regeni
La polizia egiziana indagò su Giulio Regeni nei giorni precedenti la sua sparizione, ma senza dare seguito ad alcun atto ufficiale: è quanto emerge dall’incontro a Roma tra magistrati, svoltosi nelle ultime ore. Nella nota congiunta si afferma che il Procuratore Generale d’Egitto ha riferito “di aver accertato che la Polizia del Cairo, in data 7 gennaio 2016, ha ricevuto dal Capo del sindacato indipendente dei rivenditori ambulanti un esposto su Giulio Regeni a seguito del quale la Polizia ha eseguito accertamenti sull’attività dello stesso. All’esito delle verifiche “durate tre giorni, non è stata riscontrata alcuna attività di interesse per la sicurezza nazionale e, quindi, sono cessati gli accertamenti”. L’iiniziativa era legata alla denuncia da parte del capo del sindacati indipendenti, Mohamed Abdallah, che aveva segnalato alle forze dell’ordine “l’attività di Giulio e le tante domande che faceva”.
Dal vertice bilaterale sarebbe comunque emersa una documentazione “approfondita e ben fatta” che rappresenterebbe – secondo fonti giudiziarie – un “salto di qualità e di chiarezza” rispetto a quanto avvenuto nei mesi scorsi: in base a questi dati, infatti, è stato possibile individuare nuovi soggetti che erano presenti nella zona in cui Giulio Regeni si trovava al momento della scomparsa, il 25 gennaio, e il giorno del ritrovamento del cadavere, il 3 febbraio. In merito ai dati relativi alle celle telefoniche, che rappresentava un vero vero e proprio “snodo”, nei rapporti tra inquirenti, viene sottolineato come il materiale che il procuratore generale Nabeel Sadek ha consegnato sia “un lavoro ampio e utile” allo sviluppo delle indagini. Altro elemento ritenuto dagli inquirenti prezioso è quello relativo all’attività di indagine a cui Regeni è stato sottoposto, dal 7 gennaio scorso e per almeno altri tre giorni, dalla ”polizia investigativa” del Cairo.