Cena “goliardica” di ex brigatisti. Ma ormai sono solo vecchietti nostalgici
7 Set 2016 14:00 - di Adele Sirocchi
Della serie: gli “ex” che fanno notizia. Così ha suscitato scalpore, questa estate, una cena di ex appartenenti alla disciolta Avanguardia nazionale. Venne presentata addirittura una interrogazione parlamentare. Invece causa solo un po’ di morbosa curiosità la notizia (domenica su Messaggero e Gazzetta di Reggio) che circa una cinquantina di persone – ex brigatisti, ma anche familiari, compagni di cella, giovani anarchici, registi di documentari, persone che lavoravano in cooperative e riviste carcerarie, perfino il cappellano di un importante istituto penitenziario – si sono ritrovati nel ristorante “Da Gianni” a Costaferrata di Casina, lo stesso locale nel quale nel 1971 nacquero le Brigate Rosse.
In realtà il raduno si ripete da alcuni anni e la politica non c’entra. I partecipanti parlano del loro privato, dei loro fallimenti, o si concentrano sull’autoanalisi di gruppo che tanto andava di moda tra i compagni negli anni Settanta. Tra i reggiani – scrive la Gazzetta di Reggio – erano presenti Tonino Loris Paroli, Lauro Azzolini con sua moglie, Roberto Ognibene e la consorte Nadia Mantovani, la sorella di Ognibene, Marina, e l’avvocato Vainer Burani, amico di brigatisti che ha difeso come legale. Tra i brigatisti venuti da fuori provincia erano presenti Antonio Savino, Raffaele Fiore e Piero Bertolazzi. Il primo e il terzo si erano già visti, a Reggio, anche in occasione delle esequie di Prospero Gallinari, nel gennaio 2013″. Paroli – 16 anni per banda armata anche se ci tiene a precisare che “non ha mai sparato a nessuno” – ha spiegato di avere portato il suo libro, i suoi quadri, per fare una chiacchierata con i vecchi amici. Il libro che ha scritto si chiama Andate e ritorni e racconta l’esperienza del carcere. Non è la prima volta e non sarà l’ultima in cui un ex rivoluzionario si racconta in un libro e fa i conti con i sogni infranti di gioventù. Di recente un’altra ex, Elena Venditti, ha pubblicato il libro Non mi abbracciare dove racconta i suoi anni da detenuta, anche se lei militava sull’altra sponda, avendo scelto le parole d’ordine di Terza Posizione. Pagine esistenziali più che politiche come se, dopo tanti slogan rocciosi e proclami taglienti, si sentisse il bisogno di scoprirsi solo umani.
Ora, i partecipanti al meeting di ex Br sostengono che la nostalgia con questa rimpatriata non c’entra, la politica non c’entra, l’impegno nel presente non c’entra. Sono giustificazioni poco credibili da parte di chi predicava che “tutto è politica”. Allora che cosa li porta a riunirsi se non la nostalgia? Cosa li porta a scegliere un locale dove secondo la vulgata si mise a punto la strategia luttuosa delle Brigate rosse? Ecco di cosa avranno sicuramente parlato: del loro essere diventati vecchi nostalgici dopo avere creduto di essere rivoluzionari. Una parabola non solo anagrafica ma tutta politica e che riguarda molti “ex” che si trovano bene solo nell’autoreferenzialità, la cui identità ha radici solo nel passato. C’è qualcosa di male in questo affannarsi e ritrovarsi di memorie lacerate e sconfitte dal tempo? No, c’è del paradossale. Perché quando erano davvero pericolosi nessuno dava conto delle cene di questi “compagni che sbagliano”, giungendo a negare persino l’esistenza delle Br. Adesso che sono destinati a vivere di vino e di ricordi le loro cene fanno notizia. Lasciate invece che gli “ex” si riuniscano avvolti dall’oblio. Forse hanno poco da dire al mondo. Diventano loquaci solo tra di loro. Non è una colpa, più che altro una condanna.