Abbasso l’8 Settembre ’43! I popoli seri non festeggiano le sconfitte
È difficile capire il perché i più alti vertici dello Stato, presidente della Repubblica in testa, continuino a festeggiare l’8 Settembre. Eppure niente più e meglio della celebrazione di questa data riesce a dare l’idea del marasma morale che non da ora avviluppa l’Italia. Come scrisse Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera, in quel giorno del 1943, semplicemente, morì la patria. Le istituzioni statuali collassarono, il re fuggì e Badoglio lasciò senza ordini circa due milioni di nostri soldati, di cui 900mila di stanza nei territori occupati, consegnandoli di fatto alla rappresaglia dell’ex-alleato tedesco. Un allucinante «tutti a casa» che non ha eguali nella storia di nessun’altra nazione degna di tale nome e che resta ancora oggi la ferita più sanguinolenta della pur martoriata vicenda italiana. Eppur si celebra.
L’8 Settembre del 43 fu «la morte della Patria»
Si celebra nonostante l’8 Settembre ’43 coincida con l’unica (finora) lacerazione territoriale patita dall’Italia nel corso della sua giovane storia unitaria, con il Nord ipotecato dalla feroce presenza nazista e con il Sud “vietnamizzato” dalla cosiddetta liberazione americana. Fu questa la premessa dei due anni di guerra civile, i cui lutti continuarono a fare da tragica appendice ben oltre la fine ufficiale del conflitto.
Da allora la nostra memoria collettiva è lacerata
Celebrare quella data significa perciò accettarne la pesante eredità fratricida e perpetuare quella lacerazione insanabile della nostra memoria collettiva che ancora oggi rappresenta la vera causa della fraglità italiana. Ma è anche quella che ha contribuito ad accrescere a dismisura la nostra nomea di popolo inaffidabile. Del resto, come altrimenti giudicare una nazione che in appena 40 giorni passa dal badogliano «la guerra continua a fianco dell’alleato germanico» alla trattativa con gli Alleati, per poi arruolarsi sotto le insegne combattute fino al giorno prima? Da lì all’oltraggio di Piazzale Loreto il passo fu breve. Credevano, la Corona e Badoglio, che lo scalpo del Puzzone di Palazzo Venezia ci avrebbe riabilitato agli occhi delle democrazie occidentali. Ma fu un’illusione. La dura realtà s’incaricò subito di dimostrare che la guerra l’aveva persa l’Italia, prima ancora del fascismo e di Mussolini. E le sconfitte, da che mondo è mondo, non si festeggiano. Tutt’al più, si maledicono: abbasso l’8 Settembre!