40enne uccisa a Ravenna, marito sotto torchio: ha tentato la fuga per i campi

19 Set 2016 15:07 - di Martino Della Costa

È già stato ribattezzato come il delitto di Ravenna, l’ennesimo femminicidio. L’ultimo delitto efferato maturato molto probabilmente in famiglia con ancora una separazione come possibile movente della furia omicida. È svolta nel giallo della morte violenta di Giulia Ballestri, la 40enne di Ravenna il cui corpo martoriato è stato ritrovato nello scantinato di una villa di famiglia: gli inquirenti si sono concentrati da subito sulla figura e sull’alibi del marito della vittima, fermato poco fa a Firenze dopo un inutile tentativo di fuga per i campi, inseguito dalla polizia toscana. Nel capoluogo toscano secondo gli inquirenti era andato subito dopo il delitto assieme ai tre figli – tra i 6 e gli 11 anni – per essere ospitato nella casa di famiglia.

Delitto di Ravenna, il marito voleva fuggire all’estero?

A denunciare la scomparsa della vittima del delitto di Ravenna, domenica pomeriggio, era stato il fratello di Giulia Ballestri, insospettitosi dopo avere trovato l’auto della donna parcheggiata in via Giordano Bruno davanti casa, ma con le portiere aperte. La polizia, allertata dalla denunci, ha a quel punto setacciato tutte le abitazioni di famiglia, arrivando a quella dove è stato poi ritrovato il cadavere della 40enne. La villa era chiusa a chiave con l’allarme inserito: e lì è arrivato il primo importante riscontro, perché ad avere disponibilità delle chiavi, secondo quanto finora appurato dalla procura, erano solo la vittima e il marito, come detto ora in stato di fermo. L’ultimo contatto della donna con la famiglia risaliva poi a giovedì sera, quando Giulia ha inviato un messaggio al fratello. A quel punto, la notte scorsa la polizia si è presentata nella villa dei genitori di Matteo Cagnoni, a Firenze, per effettuare una perquisizione alla ricerca di elementi utili alle indagini. Alla vista degli agenti il 51enne è fuggito uscendo da una finestra al pieno terra ed è scappato a piedi. Raggiunto l’argine del torrente Mugnone, è stato raggiunto da un agente che lo ha afferrato per la camicia, ma è riuscito a liberarsi e a far perdere temporaneamente le proprie tracce. È stato bloccato, però, alcune ore dopo, quando è tornato a casa dei genitori, credendo che non ci fossero più i poliziotti. L’uomo avrebbe giustificato la fuga dicendo di essersi impaurito alla vista della polizia, senza fare alcun riferimento a quanto accaduto alla moglie. Gli investigatori non escludono che il marito della vittima potesse avere l’intenzione di andare all’estero insieme ai tre figli, che aveva portato con sé a Firenze. Questo in considerazione del fatto che nella villa dei genitori del sospettato la polizia ha sequestrato una cifra importante in denaro contante, soldi trovati in una giacca del 51enne, il suo passaporto e quelli dei figli.

Delitto di Ravenna, forse il movente è passionale

Bloccato il marito della vittima, che gli investigatore ipotizzano potesse essere sul punto di fuggire all’estero, gli inquirenti al lavoro sul caso del femminicidio di Ravenna stanno valutando se la causa scatenante del delitto possa essere d’origine passionale. I due coniugi, sebbene ancora convivessero, si stavano infatti separando, e la donna sembrava intenzionata a volere arrivare fino al divorzio. Un quadro difficile, come tanti altri che in passato sono poi sfociati nell’epilogo tragico. Tragico, quanto efferato: anche in questo caso, allora, non è mancata la brutalità. L’arma del delitto di Ravenna, un bastone di legno, è già stato recuperato dagli inquirenti e presenta molte tracce di sangue. Anche nella villa, che al momento non era abitata, sono presenti tracce di sangue in varie stanze, anche se le più copiose si troverebbero nello scantinato dove è stato rinvenuto il cadavere della donna, che addosso aveva solo il reggiseno. Sulla base di ciò gli inquirenti hanno ipotizzato, sembrerebbe che la donna possa essere stata colpita, trascinata giù per le scale battendo la testa sui gradini e finita nello scantinato. Il suo omicida ha dunque infierito a più riprese e con più colpi in testa. Secondo una prima ispezione cadaverica, dunque, la morte risalirebbe a circa 72 ore prime del ritrovamento del corpo.

 

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