No Borders, comodo protestare a Ventimiglia. Impossibile farlo altrove
No Borders. Niente frontiere. Cioè, tutti liberi di andare. Ovunque. Perciò niente passaporti e documenti e identità: a che servirebbero? No Borders, più che una sigla, sembra una filosofia di vita. Un pò come i Figli dei Fiori degli anni 60′ o, forse, come la Comune di Parigi del 1871. Tutti liberi di fare quel che gli pare. E perciò adesso di passare da un confine all’altro. Perchè i confini non devono più esserci. Perchè è antipatico il confine. Non serve a nulla il confine. Bravi questi ragazzi No Borders. Figli della buona borghesia? Forse che si, forse che no. Figli certamente del politicamente corretto, del te lo diciamo noi quel che è giusto e ciò che è sbagliato. Figli di padri del “sessantotto quant’era bello” e di madri che libertà e femminismo l’hanno tatuata sul petto. Oppure semplici ragazzi trascurati da genitori “che lavorano”, cresciuti a cartoni animati e ossessionati dal web. Comunque sia giovanotti che le loro vacanze le passano a protestare. Perchè a loro sembra giusto. Giustissimo. Perciò eccoli i No Borders. Pronti a scatenare proteste e persino guerriglia. Perchè i principi sono sacri. E tutti devono poter fare tutto. Senza regole né limiti. Naturalmente qui. In Italia. A Ventimiglia. Insomma, dove tutti sono anche responsabili. Civili. Il posto migliore per inscenare una protesta simile. Uno dei pochi in questa martoriata Europa. Perchè mica potrebbero farlo nella democraticissima e obamiana America. Lì sarebbero mazzate prima e galera poi. E neppure in Israele, magari al confine con la fascia di Gaza o la Cisgiordania: oltre alle mazzate rischierebbero la pelle! Lo stesso, o peggio, ai confini della Siria o della Turchia o della Cina. No, a ben vedere i No Borders reggono solo a Ventimiglia. Perchè è bello urlare di un mondo senza frontiere. Ma mica sono scemi, sti ragazzi.