Rischio annegamento: ogni anno muoiono 100 ragazzi e almeno 9 bimbi
E com l’estate arriva anche il rischio annegamento: un pericolo purtroppo divenuto negli ultimi tempi assai frequente, specie tra i giovani e i bambini sotto i 4 anni di vita. Complici la mancanza di barriere nelle piscine, una sorveglianza spesso inadeguata, una scarsa abilità al nuoto e forse anche troppo poca consapevolezza dei pericoli, hanno fin qui fatto in modo che oltre 2.500 persone in un decennio siano morte in Italia per annegamento nelle acque di piscine, mari, fiumi e laghi, indifferentemente.
Rischio annegamento: arriva un report dell’Iss
E ogni anno, in particolare, a perdere la vita sono 9 bimbi sotto i 4 anni e circa 100 giovani, soprattutto se maschi e in condizioni economiche meno agiate. Morti – a quanto pare – in gran parte evitabili. A fare il punto su un problema che torna d’attualità nei mesi estivi, è l’Istituto Superiore di Sanità (Iss) nel rapporto Incidenti in acque di balneazione: verso una strategia integrata di prevenzione degli annegamenti. Secondo i dati Istat, agli inizi degli anni ’70 in Italia si verificavano 1200-1300 annegamenti l’anno. Nel 1995 il numero era sceso a circa 400, una riduzione del 70% che «dimostra – secondo gli esperti dell’Iss – l’efficacia di una serie di misure preventive», come capacità di nuotare, ruolo degli organi di stampa nel far comprendere i rischi e sorveglianza nelle spiagge. Tuttavia, da allora il numero delle vittime è rimasto pressoché costante. E dal 2003 al 2012 sono morte per annegamento complessivamente 2.530 persone, delle quali 432 in Lombardia, 344 in Veneto, 201 in Emilia Romagna, 196 in Piemonte, 189 in Sicilia, 157 nel Lazio, 145 in Puglia, 141 in Sardegna, 134 in Toscana, 109 in Campania. Incidenti che si verificano soprattutto in spiagge con molta pendenza dei fondali, dove col mare agitato si possono formare pericolose correnti di ritorno e buche, ma anche arenili senza sorveglianza e segnaletica dei pericoli.
Prima strategia da adottare: la prevenzione
Non mancano poi, come sempre, comportamenti ad alto rischio, come il consumo di alcol prima della balneazione o fare il bagno dopo aver mangiato. Stante questi numeri e una situazione ri rischi da arginare ulteriormente, dall’Organizzazione Mondiale della Sanità è arrivata la richiesta di definire strategie, privilegiando la prevenzione. Promuovere un migliore controllo in acqua da parte dei genitori ed stendere la sorveglianza anche alle spiagge libere, sono soltanto alcuni degli obiettivi contenuti nel Piano di Prevenzione dell’Iss, che punta, nel triennio 2016-2018, a dimezzare la mortalità per annegamento in Italia e azzerare, in particolare, quella dei bambini. Intanto, alcuni consigli, in particolare ai genitori, arrivano dalla Società Italiana di Medicina Emergenza Urgenza Pediatrica (Simeup). «Prevenzione prima di tutto», ribadisce il presidente Riccardo Lubrano, «quindi mai distogliere gli occhi se i bimbi sono in acqua, anche se a riva, e recintare piscine o tenerle coperte quando non utilizzate». Per quanto riguarda il salvataggio, invece, «appena la vittima è a terra iniziare un massaggio cardiaco e una ventilazione in attesa dei soccorsi. Consigliamo a tutti di seguire corsi di primo intervento (Basic Life-Support BLS) tenuti da strutture certificate. Ma la cosa più importante è che i bambini abbiamo confidenza con l’acqua e non si spaventino se entra nelle vie aeree, perché uno dei più grandi problemi in questi casi è la paura». Via libera quindi a «corsi di acquaticità già a partire dai 3 anni».