Nel carcere di Palmi un agente aggredito da un detenuto islamico
Non è passato neppure un mese dall’ultimo episodio di aggressione violenta da parte di detenuti pericolosi contro agenti della polizia penitenziaria, che già siamo costretti a rendere conto di un nuovo, ennesimo caso. Stavolta è successo a Palmi, nel carcere locale, dove un detenuto di fede islamica, già monitorato perché ritenuto radicalizzato, durante un controllo di sicurezza, ha aggredito violentemente l’agente che lo stava perquisendo.
Palmi, agente aggredito da un detenuto islamico
A rendere nota la vincenda sono stati Donato Capece e Giovanni Battista Durante, segretario generale e segretario generale aggiunto del Sappe: «L’assistente capo della polizia penitenziaria, nonostante l’aggressione», hanno spiegato i due dirigenti del sindacato autonomo di polizia penitenziaria, «riusciva a contenere il detenuto, coadiuvato da altri colleghi, evitando che l’episodio degenerasse. L’assistente è stato curato dai medici del carcere e dovrà osservare alcuni giorni di riposo. La cosa grave è che il detenuto, estremista islamico, nonostante la sua pericolosità, fosse ristretto, per mancanza di spazi, nel reparto accettazione che ha la funzione di ospitare detenuti in transito, ritenuti non pericolosi. Tutto questo mette a grave rischio di sicurezza la polizia penitenziaria, per cui sarebbe necessario trasferire tali detenuti in idonei istituti». Al 31 maggio scorso a Palmi erano presenti 153 detenuti, undici dei quali stranieri. L’organico del Corpo di polizia penitenziaria è fissato in 122 unità, ma quelli effettivamente disponibili in sede sono circa 100, assolutamente insufficienti a garantire il regolare svolgimento dei servizi e la regolare fruizione dei diritti al personale di polizia penitenziaria, tant’è che da alcuni anni lo stesso personale ha accumulato oltre diecimila giornate di congedo ordinario non fruito. Ogni anno, inoltre, lo stesso personale è costretto ad effettuare oltre trentamila ore di lavoro straordinario.
Monza, detenuto rom aggredì gli agenti: l’ultimo precedente
E non che in altri istituti di pena la situazione sia diversa. Non a caso, allora, uno degli ultimi episodi di aggressione violenta registrati dalla cronaca recente si è verificato a Monza alla fine di maggio, quando la reazione improvvisa e assolutamente ingiustificata di un detenuto – ancora una volta uno straniero – stava per degenerare; un epilogo drammatico fortunatamente evitato dalla prontezza e dalla professionalità degli agenti in servizio, costretti a intervenire tempestivamente quando un carcerato rom, armato di un punteruolo, pensò bene di aggredire prima il comandante della Polizia penitenziaria e poi altri agenti nel carcere lombardo. E a denunciare l’accaduto fu – anche in quel caso – proprio la fonte interna del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria (Sappe). Alfonso Greco, segretario regionale della Lombardia, spiegò infatti che il detenuto, di etnia rom, con fine pena in agosto, era «già noto ad aggressioni al personale di Polizia: infatti, nel dicembre scorso, è stato trasferito dalla casa circondariale di Busto Arsizio per motivi di ordine e sicurezza». Nel caso dell’ultimo episodio violento che lo riguardò, allora, l’uomo era stato accompagnato nell’infermeria del carcere per una visita odontoiatrica: come da prassi, gli agenti lo perquisirono trovandogli un punteruolo rudimentale, che a suo dire doveva essere utilizzato per difendersi da eventuali aggressioni di detenuti arabi. Data la circostanza – e considerati i precedenti del detenuto rom – fu quindi disposto il suo isolamento. Decisione che scatenò la reazione violenta: alla notizia del provvedimento comminato a suo carico, infatti, l’uomo sfogò la propria rabbia, con calci, pougni e morsi contro il comandante e gli agenti intervenuti. Attimi di paura e di violenza che sembrarono interminabili. E che si sono verificati ancora, una volta di più.