La Cgia di Mestre: le banche italiane hanno i costi più elevati d’Europa

18 Giu 2016 12:59 - di Marzio Dalla Casta
banche abi

Non abbiamo solo il carovita e il caro-estinto ma abbiamo pure il caro-banche. Non che sia una scoperta sensazionale: da tempo i risparmiatori e gli imprenditori italiani avevano capito che le loro commissioni bancarie si presentavano molto salate alla lettura dell’estratto-conto, ma ora – grazie ad uno studio della Cgia di Mestre – quell’intuizione assurge a dignità certificata. E non è tutto, perché lo stesso studio ci dice soprattutto che i costi strutturali del sistema bancario italiano sono i più elevati d’Europa.

La Cgia, al secondo posto il sistema bancario austriaco

Il dato del costo (1,83 per cento) la Cgia lo ha ricavato calcolando l’incidenza delle spese operative riferite al 2014  – pari a 49,5 miliardi di euro – sul totale delle attività, che alla chiusura di quell’anno ammontavano a 2.701 miliardi di euro. Si tratta di un dato nettamente superiore a tutte le incidenze percentuali riferite alle prime 10 economie bancarie presenti nell’Ue. Al secondo posto, sempre secondo la Cgia, l’Austria con 1,62 per cento quindi la Spagna con 1,40, la Francia con 1,36 e la Germania con 1,33. Sul fronte dei ricavi, invece, nel 2014 i margini di interesse, i guadagni provenienti prevalentemente dall’erogazione del credito, sono scesi a 39,3 miliardi di euro, quelli delle commissioni bancarie nette sono salite a 27,6 miliardi e quelli riconducibili ad altri ricavi, cioè da attività extra-creditizie o di trading finanziario (vendita di titoli, valute, strumenti di capitale) hanno toccato quota 11,4 miliardi.

La Cgia: «Prestiti con il contagocce al buon pagatore»

Per quanto strano possa apparire, tuttavia, le banche italiane presentano un’incidenza dei guadagni da attività legate ai prestiti bancari sul totale ricavi tra i più bassi in Ue: 50,3 per cento, secondo la Cgia. Nella Ue solo la Francia presenta un risultato più contenuto (50,2). Si tratta di un dato sorprendente solo in apparenza. È vero, infatti, che le sofferenze bancarie seguite alla crisi economica e la riduzione dei tassi di interesse hanno ridotto ai minimi termini i margini di redditività delle banche, ma è altrettanto vero che queste, appesantite da costi fissi ancora molto elevati, hanno ritenuto più conveniente ridurre gli impieghi, e quindi i rischi, e aumentare i ricavi dalle commissioni sulle operazioni dei clienti. Capitolo prestiti: per la Cgia la riduzione dei mutui non ha interessato tutti allo stesso modo. Secondo il coordinatore Paolo Zabeo l’80 per cento dei prestiti concessi dalle banche italiane va al primo 10 per cento dei maggiori affidati che è costituito quasi esclusivamente dalle grandi aziende e da gruppi industriali che in termini percentuali non superano l’1 per cento del totale. Ma questo non vuol dire che se questi prestiti sono stati erogati ad un numero ristretto di clienti, è solo perché questi sono solvibili. Tutt’altro: qui l’insolvenza tocca l’81%. «In buona sostanza – spiega Zabeo – chi riceve la stragrande maggioranza dei prestiti presenta livelli di affidabilità bassissimi, per contro, chi dimostra di essere un buon pagatore riceve i soldi con il contagocce».

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