Leader del partito comunista cinese incriminato per una spy-story

13 Mag 2016 15:03 - di Redazione

Ling Jihua, già capo di gabinetto dell’ex presidente cinese Hu Jintao, è stato incriminato ufficialmente dalla Suprema procura del popolo con le pesanti accuse di aver preso tangenti, ottenuto illegalmente segreti di Stato e abuso di potere, secondo quanto riferisce l’agenzia Nuova Cina. Ling è al centro di una spy-story che ha visto la defezione del fratello Ling Wancheng negli Usa, col dossier affidatogli di 2.700 documenti interni riservatissimi e copiati da una sezione speciale del Partito Comunista che guidò fino al 2012. L’emittente di Stato Cctv ha detto che la procura di Tianjin ha presentato le accuse contro di Ling Jihua, posto sotto inchiesta alla fine del 2014 e formalmente arrestato al luglio 2015. Ling, un tempo tra i più potenti esponenti del Pcc, ha visto le sue fortune cambiare dopo i tentativi di nascondere le vicende intornao alla morte nel 2012 di suo figlio, schiantatosi al volante di una Ferrari con due ragazze nude o seminude. A settembre dello stesso anno, poco prima che Xi Jinping sostituisse Hu Jintao a capo del partito, Ling fu spedito al Fronte unito del lavoro, un dipartimento del partito, in un demansionamento per chi era arrivato a un passo dal Politburo. Poi lo scivolamento ulteriore e le indagini sugli abusi che hanno coinvolto familiari e collaboratori: le ultime novità non menzionano il fratello di Ling Wancheng che si ritiene viva negli Usa e protetto dalle autorità americane con il dossier di circa 2.700 file riservatissimi sulla nomenclatura di Pechino, una manna per l’intelligence di Washington. La caduta di Ling giunge tra le critiche della Lega dei giovani comunisti, ex base di potere di Hu Jintao che ha lasciato la presidenza nel 2013 e si vede raramente in pubblico, senza lo stesso grado di influenza di altri ex dirigenti.

Prosegue la polemica con Londra sull’educazione cinese

Intanto prosegue la polemica tra Londra e Pechino: i media britannici sono pieni di “barbari” che dovrebbero prendere lezioni dalle buone maniere dell’antica civiltà cinese: i giudizi della regina Elisabetta II, che sulla visita del presidente cinese Xi Jinping a Londra a ottobre 2015 ha definito i funzionari cinesi “very rude” (molto maleducati), trovano la risposta dei quotidiani di Pechino. Il Global Times, quotidiano vicino al Partito comunista cinese, ha accusato i media britannici di soffiare sull’incidente e sul filmato che ha immortalato la gaffe della regina come se fosse “il tesoro più prezioso”. Se il ministero degli Esteri cinese ha rimarcato, a denti stretti, che la visita del presidente cinese si è rivelata “un grande successo” e ha aperto “un’epoca d’oro” nelle relazioni tra Pechino e Londra, il quotidiano ha rimarcato come “nei tempi moderni, l’Occidente è salito ai vertici e ha creato una civiltà brillante, ma i suoi media sono imbottiti di sconsiderati demoni del gossip che mostrano le zanne ed esibiscono gli artigli, che sono molto narcisisti e mantengono le cattive maniere dei barbari”. Però quando si tratta di buone maniere, “crediamo farebbero progressi” se traessero vantaggi dall’esposizione costante a 5000 anni di civilizzazione orientale.

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