In Svizzera il traforo più lungo del mondo. E Renzi isola il Friuli e Trieste
Grande festa in Svizzera. Il prossimo primo giugno gli elvetici si apprestano a festeggiare in pompa magna l’apertura della nuova galleria ferroviaria del San Gottardo. Un’opera ciclopica: con i suoi 57 chilometri sarà il traforo più lungo al mondo.
I nostri vicini, notariamente parsimoniosi e puntuali, sono doppiamente orgogliosi: i costi per la realizzazione della Nuova trasversale ferroviaria alpina (AlpTransit), di cui la galleria di del San Gottardo è parte centrale, si sono rivelati persino inferiori al preventivo. Il governo elvetico ha infatti annunciato che i costi si sono attestati a 23 miliardi di franchi, cioè 500 milioni di franchi in meno del previsto e, per la gioia degli orologi a cucù, non vi sono stati ritardi nei lavori.
Il piano AlpTransit, iniziato oltre vent’anni fa e legittimato (alla faccia dei No Tav nostrani) da un referendum, è interamente finanziata dalla Svizzera ma inciderà fortemente sui trasporti Nord-Sud Europa e in particolare per l’asse Rotterdam-Genova. Se per la Confederazione si tratta di una scelta sia economica che ambientale (con la spinta al passaggio di maggiori quote di traffico dalla strada alla rotaia), per i Paesi vicini e in particolare per Germania e Italia si tratta di una svolta sul versante delle maggiori possibilità di trasporto ferroviario, sia per le merci che per i passeggeri.
Dopo l’entrata in funzione a dicembre prossimo, sono previste altre opere di collegamento compreso il tunnel di base del Monte Ceneri in Ticino, la cui apertura è prevista ora nel 2020. A quel punto si potrà percorrere la tratta Zurigo-Milano in 2 ore e 58 minuti, oltre un’ora in meno (65 minuti in meno per l’esattezza) rispetto ad oggi.
Tutto bene, o quasi. Rimangono aperti i problemi (al solito) con l’Italia. Se non saranno superate le strozzature sul percorso lombardo e ligure, i vantaggi del nuovo schema ferroviario rischieranno di essere limitati. Per questo nel confronto tra Svizzera e Italia il capitolo dei trasporti ferroviari continua ad essere in primo piano. Non a caso le autorità elvetiche hanno invitato all’inaugurazione, oltre alla cancelliera tedesca Merkel e il presidente francese Hollande, anche il Matteo Renzi da Firenze.
Tempo e cortesia, a nostro avviso, sprecate. Al bugiardissimo grandi opere infrastrutturali e politiche dei trasporti poco o nulla interessano. Lo conferma la decisione governativa di questi giorni di bloccare ogni investimento sull’obsoleta linea ferroviaria Venezia-Trieste (indispensabile per il sistema portuale nord adriatico e, in prospettiva, anello di collegamento con i Balcani e l’Europa dell’est). Una vera e propria pietra tombale su quanto era stato messo in agenda una decina di anni fa quando il Nord Est, alla luce dello sviluppo dell’asse Milano-Torino ambiva ad inserirsi nel puzzle infrastrutturale del terzo millennio.
All’epoca si parlava di Corridoio 5 (oggi Mediterraneo) e si ipotizzavano imponenti investimenti, quantificati nel 2010 in 7,4 miliardi per la Tav Venezia-Ronchi e Ronchi-Trieste. Risorse che avrebbero consentito, secondo il progetto preliminare di Rfi, di far viaggiare i treni da Portogruaro a Ronchi (con 10 viadotti) a una media di 200 km/h. Mentre da Ronchi Sud a Trieste i convogli passeggeri avrebbero toccato i 250 km/h per raggiungere il capoluogo in 11 minuti e quelli merci dimezzato il tempo di percorrenza passando da 60 a 120 km/h medi.
Va mestamente in soffitta anche l’accordo del marzo 2014 quando i governatori del Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani e del Veneto Luca Zaia, l’allora ministro dei Trasporti Maurizio Lupi, l’ad di Rfi Michele Mario Elia e il commissario straordinario per la Tav Venezia-Trieste Bortolo Mainardi concordarono sulle modifiche del tracciato 2010 optando per la valorizzazione della tratta esistente, con un impegno finanziario di 1,8 milioni. Ma anche la soluzione al risparmio è stata bocciata.
«Nel piano industriale Rfi 2014-17 non c’è un euro per la velocizzazione dei collegamenti ferroviari in Fvg. Né ci sono fondi nello Sblocca Italia e nella legge di Stabilità», conferma Mainardi. Siamo dunque al punto di partenza «dopo che Rfi, per la progettazione della Venezia-Ronchi, ha già versato al ministero dell’Ambiente più di 3 milioni e a Italferr altri 11,3 milioni, con altre decine di milioni messi a disposizione dalla Ue sempre per la progettazione».
Eppure, secondo l’ex commissario, le opere potrebbero costare meno previsto: «Per la prima fase di modernizzazione, con interventi mirati alla velocità di crociera di 200 km/h da Mestre a Trieste, i costi complessivi, comprese la linea dei Bivi in Veneto e la variante in galleria a Latisana, si aggirano attorno agli 800 milioni. C’è da chiedersi qual è la politica dei trasporti regionale visti i “buchi” del bilancio dell’aeroporto di Ronchi, la politica gestionale della portualità e una terza corsia A4 realizzata per meno di un terzo a un anno dalla scadenza della concessione». La domanda va posta all’inutile Serracchiani e, magari dopo la gita in Svizzera, al suo mentore toscano.