Ecco la fiction di Raiuno su Boris Giuliano, il poliziotto celebrato dall’Fbi

18 Mag 2016 18:11 - di Paolo Lami

«Abbiamo reagito molto positivamente alla proposta di una fiction su mio padre, è un’operazione estremamente importante per la conservazione della memoria. Il nostro ringraziamento va ai realizzatori, perché siamo stati molto esigenti nelle nostre osservazioni». Così il neoquestore di Lucca, Alessandro Giuliano, parlando a nome anche della madre e delle sorelle, ha spiegato, alla fine della presentazione alla scuola superiore di polizia della fiction di Raiuno dedicata al padre ucciso da Cosa Nostra nel ’79, “Boris Giuliano-Un poliziotto a Palermo“, in onda il 23 e 24 maggio in prima serata, come la famiglia ha seguito la preparazione della fiction diretta da Ricky Tognazzi e che ha come protagonista Adriano Giannini.
Presenti, oltre agli attori della fiction e al regista, il dg della Rai Antonio Campo Dell’Orto, il nuovo direttore del Dipartimento per la sicurezza, Alessandro Pansa, il presidente del Senato, Pietro Grasso, che ha ricordato l’amico e collega, ucciso nel 1979 da Cosa Nostra.
Boris Giuliano «si era fatto la fama di segugio senza eguali, di investigatore rispettato e temuto, uno di quelli che fa il proprio lavoro per scelta, che lo ama e lo vive come fosse la propria vita, come un destino. Era gentile, intelligente, ma anche capace e caparbio, integerrimo, insomma un vero nemico della mafia», ha detto Grasso attingendo dai ricordi. «Boris Giuliano, in famiglia e per gli amici Giorgio, era un autentico mito per tutti quelli che ebbero la fortuna di lavorargli accanto, ma anche per i poveri e i derelitti della città, che si precipitarono a migliaia al suo funerale. Un mito – ha aggiunto Grasso – perché non si era mai visto un poliziotto così forte e impavido con il potere, tanto quanto umano e attento alle ragioni di quella piccola delinquenza che agiva per necessità di sopravvivenza. Lui aveva capito la mafia, ma la mafia aveva capito Giuliano, e aveva capito che l’unico modo per fermarlo era ucciderlo. Ricordo con grande commozione l’arresto del suo assassino, Bagarella, a cui contribuii come sostituto procuratore Antimafia. Il suo grande senso del dovere e il suo amore per il lavoro furono le vere cause della sua morte. Ha un senso particolare dirlo qui». Poi, rivolgendosi agli allievi agenti presenti in sala, ha sottolineato: «Boris ha lasciato un seme che continua a dare splendidi frutti, siete voi che indossate la sua stessa divisa a dover portare avanti il suo impegno, la sua eredità spirituale e morale di coraggio, severità, professionalità e soprattutto di umanità». Grasso nel suo intervento, spesso commosso, ha ricordato il primo incontro con Giuliano nel settembre 1970, nella stanza «del già famoso giudice Terranova. Io ero un giovane magistrato che stava imparando e cercava di carpire i segreti del mestiere. Lui mi apparve subito come un’esplosione di energia positiva e allegria». Inoltre, tra i grandi traguardi del commissario c’è stata nel 1975 la soddisfazione «grazie alla sua ottima conoscenza dell’inglese, di essere l’unico poliziotto italiano a seguire un corso di 11 settimane presso il Fbi, a Quantico, in Virginia. Non posso descrivere l’emozione quando vidi il suo nome sul muro dei caduti del Fbi in servizio, è l’unico italiano commemorato lì insieme a Giovanni Falcone, che ha un busto».

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