Brunetta: “Ecco i 10 motivi per cui la crisi è tutta colpa della Germania”
Il decalogo di Renato Brunetta su “il Giornale“, spiega perchè le ragioni della crisi economica che ha investito tutta Europa siano da imputare alla Germania.
1. Tanto per iniziare, si dovrebbe spiegare a Weidmann che la tesi per cui l’indebitamento di un Paese si può riflettere sui tassi di interesse di tutta l’area si basa sull’assunto che l’indebitamento fa aumentare la domanda di risparmio e quindi i tassi di interesse che ne rappresentano il prezzo. Ma è tutta la domanda di risparmio, non solo quella di parte pubblica, che conta, ed è noto che, se si guarda all’indebitamento totale di un Paese, le classifiche in Europa cambiano.
2. La storia racconta, per esempio, che è stata la domanda di risparmio generata in Germania dalla riunificazione che causò, per un periodo non breve, alti tassi di interesse in Europa, sopportati da tutti gli altri Paesi. Questo non per rinfacciare colpe, ma per ripristinare la verità scientifica.
3. Poi, dai fatti, al contrario di quanto sostenuto da Weidmann, non sembra che la spinta alla domanda scaturita dagli alti indebitamenti abbia prodotto inflazione e messo in discussione la stabilità dei prezzi, obiettivo statutario della Bce. Appare chiaro, piuttosto, sempre dai fatti, che siano state le politiche imposte dalla Germania a tutti gli altri Paesi dell’Eurozona, ad aver causato la deflazione in cui versiamo ora e messo in crisi, questa volta sì, il mandato della Bce.
4. Ne deriva che le sortite di Weidmann a Roma sono state più che altro un attacco alla politica monetaria di Draghi, pur fingendone una difesa, e alla stabilità dell’euro. Mettere di fatto in discussione la sicurezza dei titoli di Stato di Paesi dell’area euro, quindi la loro solvibilità contestandone il livello di rischio, significa dare segnali destabilizzanti ai mercati. Un banchiere centrale non dovrebbe farlo. Quella di Weidmann a Roma il 26 aprile scorso ha rappresentato una pericolosissima azione, uguale e contraria al famoso «Will do whatever it takes» con il quale Draghi da Londra il 26 luglio 2012 spense l’incendio che stava portando all’implosione della moneta unica.
5. Tanto più che il pescatore che realizza «una pesca il più possibile cospicua senza riguardo per altri pescatori o per le generazioni future di pescatori», come sostenuto da Weidmann, è proprio la Germania, che da quando c’è l’euro ha conseguito un doppio guadagno: da un lato, l’aumento delle esportazioni a scapito degli altri Paesi europei grazie al tasso di cambio strutturalmente favorevole e sottovalutato nel tempo; dall’altro, la riduzione dei tassi di interesse sul debito pubblico conseguente alla crisi, quando i Bund sono diventati «bene rifugio», aumentando il loro valore e riducendo il rendimento, e consentendo alle imprese tedesche di finanziarsi a tassi più bassi rispetto alle loro concorrenti di altri Paesi dell’Eurozona.
6. È necessario, inoltre, evitare di fare confusione tra problemi differenti. Vi è un tema di trovare in Europa nuovi strumenti di soluzione ai «fallimenti sovrani»? La questione è, più che altro, quella di assicurare che tali fallimenti non avvengano e che, pertanto, siano previste regole di ristrutturazione dei debiti sovrani che da un lato non penalizzino i risparmiatori, e dall’altro frenino il moral hazard di governi tentati dall’irresponsabilità finanziaria. Altra cosa è, poi, impedire che siano le stesse regole, o annunci su di esse, a determinare crisi di fiducia da cui scaturiscono instabilità finanziaria e crisi debitorie.
7. Si pone, dunque, il problema di stabilire ex ante meccanismi chiari di ristrutturazione dei debiti sovrani nell’area euro che non pongano vincoli non sostenibili alle economie dei Paesi interessati, evitando di creare allarme nei mercati. Insomma, bisogna uscire dal «non detto».
8. Anche qui, un esempio. L’Europa si trova nuovamente di fronte al problema del debito greco e deve prendere decisioni importanti entro giugno. È noto che, per continuare a essere della partita, il Fondo monetario internazionale chiede all’Europa di accettare una ristrutturazione drastica del debito greco. In altri termini, il Fondo monetario chiede di uscire dalla finzione per cui si pensa che la Grecia, con il debito che si ritrova, possa continuare a seguire le ricette economiche impartite dalla Troika. Partiamo, allora, dal caso Grecia per stabilire regole generali che valgano per il futuro.
9. Ma torniamo all’offensiva di Weidmann, che più che alla Grecia guarda all’Italia. E non tanto per ostilità preconcetta verso gli italiani, quanto perché, come abbiamo detto, è in gioco la politica monetaria dell’Eurozona, e con essa, inscindibilmente, la politica di bilancio. La prima, infatti, rimarrà inefficace senza la seconda. Di qui l’attacco concentrico delle ultime settimane, di cui si è reso protagonista anche il ministro delle finanze tedesco, Wolfgang Schäuble, a onor del vero motivato anche da difficoltà interne alla Germania di cui, peraltro, è bene tener conto.
10. L’Italia non è davanti a un problema di fallimento sovrano o di solvibilità, bensì ha un problema di crescita, come il resto dell’Eurozona, ma in modo molto più grave, che richiede politiche drastiche di rilancio, a cui affiancare strategie ad hoc di rientro dal debito. Sul tema del debito pubblico, in un non lontano passato si discussero varie ipotesi di intervento, mentre oggi sembra che il problema non esista più e il governo discute solo di insignificanti limature, con orizzonti di breve o brevissimo periodo.