Il super jet di Renzi non può volare: ci costa un botto e non lo sanno guidare

14 Apr 2016 10:13 - di Guglielmo Federici

Un milione e 300mila euro al mese per non decollare, per rimanere fermo a terra, parcheggiato in un hangar dell’aeroporto di Fiumicino. Un po’ troppo ci costa il “famigerato” jet del premier Renzi, l’imponente Airbus 340-500. Lo riporta il Giornale, una sorta di cronistoria di uno spreco assoluto. Tante spese per non volare, «perché l’aereo è impantanato in intrecci burocratici che Palazzo Chigi e la Difesa non sono ancora riusciti sciogliere. La prova provata è che anche in occasione dell’ultima visita di Renzi in Iran, il nuovo aereo è rimasto a terra, inutilizzato. Come mai, visto che il premier ha fatto di tutto per  stornare le critiche da se stesso e presentarlo come un aereo di rappresentanza capace di trasportare nelle missioni diplomatiche all’estero l’intero sistema Italia? «Il trasporto di imprenditori e manager al seguito dovrebbe giustificare l’ampia capienza (380 posti, da ridurre però dopo la rielaborazione degli interni) del nuovo aereo di Stato che Palazzo Chigi si è assicurato in leasing dagli arabi di Etihad. Eppur non vola…

Un milione e 300mila euro al mese per un jet fermo

«Dietro il mancato decollo c’è un pasticcio che è il segno distintivo di tutto questo affare coperto, e pian piano si comincia a capire perché, da un’aura di segretezza del tutto inopportuna, visto che si tratta di soldi pubblici. E non pochi: 1.300.000 euro al mese per non volare». Non solo, leggiamo ancora che «dopo anni di tagli, nel bilancio 2015 della Difesa la voce relativa al “trasporto aereo di Stato” è aumentata di 15 milioni, in larga parte collegabili alle spese dovute al leasing e alla gestione dell’aereo». Da calcoli realizzati da un’inchiesta del Fatto Quotidiano si è stimato in 5-6 milioni il budget per la riconversione interna dell’Airbus, che serve a creare gli ambienti di riposo e di lavoro a disposizione di Renzi e del suo staffi. «Date queste cifre, significherebbe che il leasing sarà pagato agli arabi di Etihad a cifre stratosferiche, molto al di sopra di quelle di mercato, circa 40mila euro al giorno, cui vanno aggiunte le spese per il rimessaggio dell’aereo in un capannone a Fiumicino, che ammonterebbero, stando a indiscrezioni a 1,2 milioni all’anno, sommati ai 15 di costi vivi fa 1,3 milioni al mese, quasi 44.000 euro al giorno». Viene il capogiro.

 Nessun pilota al momento sa guidare il jet

Questo il pasticciaccio burocratico che costa uno spoposito allo Stato e a noi: «A partire dal fatto che nessun pilota del 31esimo stormo dell’Aeronautica, tenuta fino all’ultimo all’oscuro dell’operazione, è abilitato alla guida del possente jet. Un’aliquota di piloti del reparto incaricato dei voli blu ha quindi appena concluso un apposito addestramento con i simulatori negli Emirati. Manca però l’addestramento in volo, al momento impossibile, perché l’Airbus 340-500 non è immatricolato né assicurato per il volo in Italia. È atterrato a Roma con ai comandi piloti di Etihad e con matricola emiratina ma ora andrebbe immatricolato come aereo militare, ipotesi sgradita ai proprietari arabi. Dunque è aperta la caccia a una soluzione legale». Dunque, soluzioni cercasi. E l'”ufficio complicazioni” si è messo in moto, con l’idea di «costituire una società non commerciale apposita, cui distaccare i piloti, ma è una via complicata: sebbene l’abbia ideata il generale Carlo Magrassi, ex consigliere militare di Renzi e ora segretario generale della Difesa. Sarebbe come se Palazzo Chigi si facesse una compagnia aerea. Ci pare francamente esagerato, irragionevole

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