In fila per 6 col resto di 2: (ora) anche Franceschini scopre i guai di Roma
Il centrosinistra ha governato per decenni? Dormivano tutti, dormiva Walter Veltroni, dormiva Francesco Rutelli, era in letargo Ignazio Marino. Ora, all’improvviso a poche settimane dal voto, tutti si sono svegliati e dispensano la ricetta per salvare la Capitale. E poco alla volta si accorgono che non c’è solo il centro storico, non ci sono solo i Fori Imperiali e nemmeno la passeggiata sul Lungotevere per ammirare da lontano il Cupolone. All’improvviso ex sindaci, amministratori, ministri, di provata fede democratica, scoprono che esistono i quartieri degradati in mano alla criminalità, zone franche lontane dal cuore della città dove il degrado e l’allarme sicurezza hanno raggiunto livelli insostenibili.
Franceschini scopre il degrado
Stavolta nelle vesti di Alice nel Paese delle Meraviglie c’è Dario Franceschini, sì proprio lui, il responsabile delle politiche culturali del Paese. «In questi anni», ammette candidamente il ministro, «ci siamo concentrati molto sulla tutela dei centri storici ed è stata una battaglia vinta. Ora dobbiamo essere altrettanto incisivi sulle periferie». Non si accorge, il ministro dei Beni culturali, che il degrado delle borgate non nasce ora ma affonda le radici in anni di abbandono da parte delle amministrazione. Franceschini è molto distratto. Ma si sa, in campagna elettorale perenne gli slogan fanno sempre comodo: «Bisogna renderle dei luoghi attraenti e vivibili dove la qualità della vita sia buona. Se io fossi sindaco – conclude – ora lavorerei per pedonalizzare una strada nelle periferie».