Arrestato in Egitto il consulente legale della famiglia Regeni
La famiglia Regeni si dice «angosciata» per l’arresto in Egitto «del dottor Ahmed Abdallah, presidente del consiglio d’amministrazione della Commissione egiziana per i diritti e le libertà (Ecrf), ong che sta offrendo attività di consulenza» per i legali dei genitori e della sorella di Giulio, impegnati nell’arduo compito di fare luce sulla misteriosa ed efferata morte del giovane ricercatore friulano. Di più: declinando la notizia alle ultime, convulse or,e che si stanno vivendo al Cairo, ore di tumulti, di interrogatori e di fermi in massa eseguiti durante e a seguito delle manifestazioni di piazza in Egitto, e «alla luce anche del comunicato di Amnesty International», la famiglia Regeni esprime «preoccupazione per la recente ondata di arresti ai danni di attivisti per i diritti umani, avvocati e giornalisti, anche direttamente coinvolti nella ricerca della verità circa il sequestro, le torture e l’uccisione di Giulio».
L’intervento di Amnesty sull’arresto del consulente dei Regeni
E allora, a corredo dell’ultim’ora arriva anche un comunicato di Amnesty International secondo cui tra le persone arrestate in Egitto figurano «la nota attivista Sanaa Seif, l’avvocato Malek Adly e Ahmed Abdullah, presidente della Commissione egiziana per i diritti e le libertà, l’organizzazione non governativa per i diritti umani che sta offrendo attività di consulenza ai legali della famiglia di Giulio Regeni». Di più: secondo Amnesty International «Ahmed Abdullah è stato prelevato nella sua abitazione nella notte tra il 24 e il 25 aprile dalle Forze speciali. È accusato di istigazione alla violenza per rovesciare il governo, adesione a un gruppo “terroristico” e “promozione del terrorismo”». Secondo l’Organizzazione internazionale per la difesa dei diritti umani, sarebbero almeno 238 le persone, tra cui attivisti e giornalisti locali e stranieri, arrestate in varie città dell’Egitto il 25 aprile, giorno in cui si celebra il ritiro nel 1982 di Israele dalla penisola del Sinai. «Il massiccio spiegamento di forze e mezzi di sicurezza – sottolinea l’associazione – ha di fatto impedito lo svolgimento delle manifestazioni pacifiche indette per protestare contro la cessione di due isole del mar Rosso all’Arabia Saudita, una decisione che secondo molti gruppi della società civile egiziana è stata presa in modo incostituzionale e privo di trasparenza».
Le accuse del governo: violazioni della legge antiterrorismo
Secondo Amnesty, almeno altre 90 persone erano state arrestate tra il 21 e il 24 aprile. Gli arrestati dovranno rispondere di varie accuse, tra cui reati contro la sicurezza nazionale e violazioni della legge antiterrorismo e della legge sulle proteste. E allora, già il 22 aprile era stato arrestato Haytham Mohammedein, avvocato e portavoce del Movimento rivoluzionario socialista. «È stato tenuto bendato durante gli interrogatori – si aggiunge – e portato dopo più di 24 ore di fronte a un giudice, che ne ha convalidato la detenzione per altri 15 giorni con le accuse di «adesione al gruppo fuorilegge della Fratellanza musulmana», «tentativo di rovesciare il governo» e «convocazione di proteste contro la ridefinizione della frontiera marittima del paese». Amnesty International ha sollecitato le autorità egiziane a rispettare il diritto di manifestazione pacifica e la libertà di espressione e a rilasciare tutte le persone arrestate per aver manifestato in forma pacifica.