Trump: se il partito repubblicano mi nega la nomination ci saranno scontri
È tensione nel Grand Old Party (Gop), il partito repubblicano, frustrato per l’inarrestabile marcia di Donald Trump verso la Casa Bianca e tentato dalle manovre di palazzo per mettere fuori gioco un outsider incontrollabile che sta lacerando quel che resta del partito di Abraham Lincoln. Il magnate fiuta le possibili trappole e ammonisce sul rischio di scontri se il partito repubblicano gli negherà una nomination conquistata sul campo. “Penso che ci sarebbero disordini. Io rappresento molti, molti milioni di persone”, minaccia alla Cnn, evocando scenari da guerra civile. Concorda anche il suo più diretto rivale, il senatore ultraconservatore Ted Cruz: “Nell’establishment di Washington ci sono molti che hanno sogni febbricitanti su una ‘brokered convention’, su una convention in stallo dove paracadutano un loro candidato. Penso sarebbe un totale disastro e che la gente giustamente si rivolterebbe”.
Non sono pochi i notabili del partito che sembrano tramare contro Trump, anche se oggi il ‘re del mattone’ ha rivelato che molti tra coloro che lo osteggiano pubblicamente lo hanno chiamato privatamente per dire che alla fine vogliono “essere coinvolti” nella sua campagna. Lo scenario più accreditato è quello di tentare di impedire al tycoon di raggiungere la maggioranza dei delegati (1.237), che assicura automaticamente la nomination, per arrivare appunto ad una ‘brokered convention’ nella quale alla fine si contratta il nome del candidato. Il caso non si verifica da prima dell’invenzione della televisione a colori. L’ultima volta che i repubblicani si sono trovati alla convention senza un candidato blindato dai risultati delle primarie era il 1976. Allora il presidente Gerald Ford si affermò su Ronald Reagan al primo giro di votazioni dei delegati. Sarà però il ‘comitato regole’ del partito a decidere, una settimana prima della convention, se limitare i potenziali candidati a chi ha condotto una campagna elettorale o se aprire la strada ad altri, offrendo quindi una chance a possibili outsider quali Mitt Romney, che ha già corso per la Casa Bianca, o più probabilmente lo speaker della Camera Paul Ryan, il quale però ha già detto che non accetterà una nomination.