Oltre la Cirinnà: giudici legalizzano stepchild adoption e utero in affitto
Dove non aveva “osato” la politica, può la magistratura. Che, con una sentenza, riconosce il diritto alla paternità per due uomini, n bambino, concepito in Canada grazie alla maternità surrogata, è stato adottato dal compagno del padre biologico, con sigillo definitivo del Tribunale romano: la sentenza è stata pronunciata lo scorso gennaio, ma la notizia è stata diffusa solo ieri, ovvero una volta scaduti i termini per l’appello. Quindi è definitiva, si legge su “Libero“.
Il tribunale dei minori di Roma ha riconosciuto la stepchild adoption
Adesso il bimbo ha poco più di tre anni. La sua “mamma surrogata” è in Canada ed è Ï che è stato concepito, a “titolo gratuito”, ci tengono a precisare i protagonisti di questa storia. I due papa si sono sposati in una città canadese e hanno vissuto per qualche tempo con la mamma. Al piccolo, precisano dal Tribunale, sono state spiegate (?) le modalità non propriamente ortodosse della sua nascita. Adesso vive in un «contesto familiare» favorevole e i genitori sono «molto presenti». Ed è per questo che il giudice ha deciso «nell’interesse del minore» di autorizzare l’adozione da parte di “papa due”. Anche in assenza di una norma precisa sul tema della stepchild adoption e nonostante il Senato abbia deciso di stralciare il tema della genitorialità omoaffettiva dal testo sulle unioni civili, il Tribunale di Roma ha ritenuto essere sufficiente la legge sulle adozioni vigente, che già prevede dei “casi particolari”.
È una sentenza definitiva che fa giurisprudenza
C’erano già due casi, relativi a coppie di donne che avevano chiesto il riconoscimento della stepchil adoption. In entrambe le situazioni la procura minorile è ricorsa in appello e si attende la decisione del giudice di secondo grado. Il caso, ovviamente, già alimenta discussioni e polemiche. Soprattutto nella maggioranza. Perché è vero che dal ddl Cirinnà è stato stralciato l’articolo che prevedeva la possibilità di adozione per i genitori gay, ma la stessa non è stata vietata. Anzi, è stata affidata la materia all’arbitrio della magistratura. «La sentenza del tribunale di Roma», dichiara Monica Cirinnà, «dimostra che si è giunti a una legge giusta e corretta».