Caso Regeni, due mesi di depistaggi e di beffe: ecco l’elenco

26 Mar 2016 12:31 - di Redazione

Lo studente friulano Giulio Regeni è scomparso il 25 gennaio scorso al Cairo in circostanze che la Farnesina ha definito subito «misteriose». Dal ritrovamento del suo cadavere, avvenuto il 3 febbraio, ad oggi, si sono susseguite varie ipotesi sulla sua morte, ma finora non è emersa nessuna verità. E no nessuna verità credibile: proprio nessuna verità. Vediamo allora, riassunte in un drammatico elenco, le tappe dell’inchiesta e tutte le false piste indicate dal Cairo, fino all’ultima annunciata appena 24 ore fa.

1) Il 25 gennaio Regeni lascia il suo appartamento al Cairo, nel quartiere di Dokki, e di lui si perdono le tracce. L’allarme sulla sua scomparsa scatta qualche giorno dopo.

2) Il 4 febbraio il cadavere del ricercatore friulano viene ritrovato in un fosso lungo la strada Cairo-Alessandria. All’inizio le autorità parlano di incidente stradale. Ma subito dopo il procuratore del Cairo, Ahmed Nagi, afferma che sul corpo ci sono segni di bruciature di sigaretta, torture, ferite da coltello e segni di «morte lenta»: tutti elementi poi rivelati anche dalla prima autopsia effettuata al Cairo.

3) Il 6 febbraio le forze di Sicurezza egiziane fanno sapere di aver arrestato due persone, poi rilasciate: da parte degli investigatori egiziani si tenta di accreditare l’ipotesi dell’omicidio per mano di criminali comuni

4) Il 7 febbraio la salma di Giulio Regeni arriva in Italia dove viene effettuata una nuova autopsia secondo cui la morte è legata alla frattura di una vertebra cervicale causata da un violento colpo. Dall’esame autoptico emergono anche segni di pestaggio, abrasioni e lesioni.

5) Il 12 febbraio si svolgono i funerali del ragazzo a Fiumicello (Udine) e dal giorno successivo – per diversi giorni – il Cairo ipotizza varie versioni, cambiandole di volta in volta: dall’omicidio a sfondo omosessuale, all’atto criminale, all’uccisione per mano di spie dei Fratelli Musulmani compiuto per creare imbarazzo al governo di Al Sisi.

6) Il 24 febbraio il ministro dell’Interno egiziano tira fuori l’ennesima versione: la vendetta per motivi personali: una lettura dei fatti approssimativa e priva di riscontri che indigna per i connotati “beffardi” che la vicenda tragica della morte brutale di un giovane in terra straniera continua ad assumere.

7) Il 1 marzo indiscrezioni sull’autopsia egiziana rivelano che Giulio Regeni è stato torturato per almeno cinque, e forse addirittura sette giorni, ad intervalli di 10-14 ore. Il Cairo smentisce: ma ormai la credibilità delle versioni investigative accreditate nelle dichiarazioni ufficiali delle autorità egiziane è ai minimi termini…

8) Il 14 marzo, il procuratore italiano Giuseppe Pignatone arriva al Cairo dove incontra il collega, Nabil Sadeq. Entrambi affermano che «i colloqui sono stati positivi». Nello stesso giorno, un testimone riferisce che Regeni avrebbe avuto «un’accesa discussione con un altro straniero» dietro la sede del consolato italiano al Cairo. I media parlano anche di un video sulla lite in possesso del consolato italiano, ma anche questo – l’ennesimo depistaggio – viene smentito dalla notizia che le telecamere della sede diplomatica sono disattivate da luglio.

9) Il 24 marzo, poi, il ministero dell’Interno riferisce che le forze di sicurezza egiziane hanno ucciso «cinque sequestratori di stranieri» e che, almeno secondo un paio di media egiziani, erano sospettati di un legame con la morte di Regeni. Il ministero non conferma, né smentisce, anche se poi afferma che il passaporto e alcuni documenti del giovane sono stati ritrovati in un’abitazione della banda.

10) Il 25 marzo il ministero dell’Interno egiziano precisa che «le indagini proseguono» in coordinamento con gli investigatori italiani. I genitori del ragazzo chiedono al governo di reagire «a questa oltraggiosa messa in scena». L’Italia insiste: «Vogliamo la verità».

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