Adozioni gay, Renzi si appoggia ad Alfano. Come un ubriaco ai lampioni

23 Feb 2016 11:51 - di Lando Chiarini

Prima se ne va, Matteo Renzi, e meglio è. Non per partito preso, ma per partita persa: quella di rendere la sinistra altro rispetto ai rituali del girotondismo indignato, del birignao moralistico e degli appelli permanenti. Per tentare ha tentato, e qualcosa da quelle parti si era “eppur” mosso: la fine dell’antiberlusconismo come religione civile del Pd, un’inedita leggerezza “ideologica” su temi come tasse e proprietà, il coraggio di rivendicare una certa continuità con alcuni obiettivi del centrodestra di governo non disgiunta da un’esibita refrattarietà al livido concionare degli arcigni custodi del luogocomunismo militante. Poi, però, qualcosa si è inceppato e il golden boy é caduto preda degli stessi tic della sinistra d’antan, la stessa che aveva graziosamente infilzato al tempo delle primarie vittoriose e poi lasciato senza fiato con il 40 per cento conquistato alle Europee anche grazie al fluido magico sprigionato dal vituperato partito della nazione presso i cosiddetti moderati. Inspiegabilmente, piuttosto che proseguire in quella che si annunciava come una vera marcia trionfale alla conquista dell’elettorato orfano del Cavaliere, il premier si è convertito all’antico adagio del “nessun nemico a sinistra” cui si sono puntualmente impiccati prima i governi Prodi (due volte) e D’Alema e che ora rischia di diventare l’epitaffio di quello a guida Renzi. La penosa e ridicola altalena di posizioni sulle unioni civili ne è una plastica conferma. Dopo aver cercato di arruffianarsi i grillini sul terreno del massimalismo della causa gay ricevendone in cambio un goliardico bidone, ora il premier si appoggia ad Alfano come un ubriaco ai lampioni annunciando il ricorso alla fiducia su un testo che sta scontentando tutti: lesbiche, gay, minoranza interna, vendoliani e cattolici. Non male per uno che solo pochi giorni fa gonfiava il petto contro il cardinal Bagnasco e riservava occhiatacce a metà tra il patetico e lo schifato a chi gli suggeriva di non intestardirsi sulle adozioni gay. È evidente che ha perso la bussola: non ha la voglia di governare “da sinistra” e non ha il coraggio per farlo “da destra”. Finché si è trovato nel pieno della luna di miele con gli italiani, questa trincea scavata sul confine del bipolarismo è apparsa la vera cifra politica del “renzismo”. Ora che cresce la distanza tra la magniloquenza degli annunci e la modestia dei risultati, in molti cominciano a pensare che il re è nudo, oltre che paraculo. E prima o poi qualcuno glielo griderà.

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