Il Diario di Mussolini è un caso editoriale. Ma qui il Duce è ancora lontano…

17 Gen 2016 10:51 - di Redattore 54

Con la decadenza dei diritti d’autore sulle opere di Benito Mussolini torna, tra i testi mussoliniani, quello che restituisce la “vita durissima, bellissima e primitiva della trincea”: il Diario di guerra del primo conflitto mondiale. Il libro è proposto in quattro edizioni (Leg, Ar, Mulino e Rubbettino). Per la casa editrice Rubbettino il curatore è Alessandro Campi che si è trovato alle prese con una scrittura innovativa e antiretorica, un tratto poco conosciuto – se non del tutto dimenticato – di quello che sarebbe diventato il capo del fascismo. “Per prima cosa – dice Campi – emerge il grande giornalista, curioso e di grande presa sul pubblico, che Mussolini è sempre stato. Si è forse sottovalutato quanto la fortuna politica di Mussolini e la sua veloce ascesa sulla scena pubblica, a partire da quando militava nei ranghi del socialismo, siano stati dovuti proprio al suo modo radicalmente innovativo di scrivere e di fare politica attraverso la scrittura”.

Mussolini e il suo stile anti-retorico

I diari sono composti, come riconoscono tutti i critici, con uno stile sobrio e asciutto, molto veloce e diretto, con un taglio quasi da reportage, che spiega bene il grande successo che ebbero allorché vennero pubblicati sul “Popolo d’Italia” tra il dicembre 1915 e il febbraio 1917. “Mussolini – aggiunge ancora Campi – concepì del resto queste pagine come delle vere corrispondenze dal fronte. Ma invece dello stile aulico, roboante e retorico della grande parte degli inviati al fronte, molti dei quali facevano il verso alla scrittura letteraria di Luigi Barzini, Mussolini (che avversava ferocemente quest’ultima) preferì per le sue annotazioni un taglio quasi impressionistico: frasi brevi, spezzettate, veloci, essenziali e dirette. Uno stile nervoso e contratto che peraltro rendeva bene l’esperienza di quel particolare conflitto, che egli fu uno dei primi a descrivere nella sua radicale novità. Oggi tutti sappiamo cosa è stata la guerra di trincea. Ma nell’ottobre-dicembre 1915, quando il direttore-soldato comincia a scrivere le sue impressioni di guerra, poco di sapeva di quel nuovo modo di combattere: nascosti sotto terra, in mezzo al freddo e alla pioggia, costretti a vivere in una condizione primitiva e quasi bestiale. Mussolini descrive bene il tedio e il logoramento nervoso della guerra di trincea”.

La capacità di vedere dove stava andando la storia

C’è nel diario dunque il Mussolini cronista, ma anche il Mussolini capace di vedere prima degli altri in che direzione sta andando la storia. “Dal diario – spiega Campi – viene fuori anche la capacità mussoliniana, tutta politica, di cogliere certi cambiamenti della mentalità collettiva e della dinamica storica. Della guerra, ad esempio, coglie immediatamente il carattere di impresa collettiva, alla quale italiani di ogni condizione sociale (ma soprattutto i ceti popolari) sono chiamati a dare il loro contributo. Non a caso Gramsci, che certo non poteva avere simpatie politiche per il duce, nei suoi Quaderni dal carcere riconobbe il tratto nazional-popolare che risaltava da questi diari di guerra. Mussolini partecipò a quest’ultima come un soldato semplice e dunque ebbe modo di stare a contatto con gli altri combattenti, cogliendone bene gli umori e la disposizione d’animo. Ad esempio la tendenza della maggior parte dei combattenti – ivi compresi quelli che non condividevano le ragioni del conflitto e forse nemmeno le conoscevano – a fare comunque il loro dovere in modo disciplinato. Che fu poi l’atteggiamento dello stesso Mussolini, che in questo diario – rispetto alla fama di testa calda e di nemico dell’autorità costituita che l’accompagnava – sembra dimostrarsi come sin troppo ligio agli ordini, disciplinato e obbediente. Ma va appunto detto che fu questo – anche se oggi va di moda enfatizzare gli episodi di insubordinazione e di rifiuto a combattere –  l’atteggiamento dell’assoluta maggioranza dei soldati al fronte. Mussolini non fece eccezione”.

I tratti di diversità rispetto al Mussolini fascista

Interessante poi cogliere la diversità rispetto al carattere marziale di quello che sarà il Mussolini fascista. “Mussolini aveva voluto fermamente l’entrata in guerra dell’Italia. Ma sebbene interventista convinto, si capisce da ciò che scrive che aveva poco a che vedere con l’imperialismo professato dai nazionalisti alla Corradini, con l’estetica decadente di D’Annunzio (e il suo culto della bella morte) e con l’esaltazione della violenza rigeneratrice cara ai futuristi. Il racconto delle battaglie e degli assalti nel diario non nasconde mai alcun entusiasmo o eccitazione. Anche quando si parla di sparatorie, bombardamenti e uccisioni, prevale uno stile freddo, pacato, anti-retorico. Si capisce che per Mussolini, almeno questo Mussolini, la guerra non ha nulla di bello, anche se la ritiene una prova storico-politica necessaria dal punto di vista dell’Italia”.

Il contributo storico del Diario

Se questo è il Mussolini che emerge dalle pagine del Diario quale contributo può dare questo testo alla comprensione globale del fenomeno fascista? “Il Mussolini di questo diario di guerra – risponde Alessandro Campi – è ancora ben distante da quello che diventerà dopo aver fondato il movimento fascista e aver preso il potere. Gli ex-combattenti sono indubbiamente stati la base sociale del fascismo. E la Grande Guerra vinta dall’Italia fu sicuramente il mito collettivo che il fascismo alimentò per legittimarsi storicamente. Ma quando era al fronte Mussolini non sapeva ancora quale sarebbe stato il suo futuro politico. E dunque bisogna stare attenti a fare delle connessioni troppo strette – e a mio parere forzate e antistoriche –  tra questo diario (che probabilmente è la cosa migliore che Mussolini abbia mai scritto) e la sua futura vicenda politica.  Il Mussolini soldato sa solo di essere un ex-socialista. Verrà congedato nell’agosto 1917, dopo essere rimasto ferito nel febbraio 1917. Ciò significa che all’epoca di Caporetto (ottobre 1917), episodio dopo il quale egli comincerà a teorizzare la cosiddetta “aristocrazia della trincea” e a sostenere che il futuro politico dell’Italia dipenderà da ciò che faranno coloro che hanno combattuto la guerra, egli ha smesso di indossare la divisa già da alcuni mesi. E comunque anche a guerra finita, per tutto il 1918-1919 Mussolini ha tutt’altro che le idee chiare sul da farsi. Anzi, da molti dei suoi avversari politici viene considerato un fallito e uno senza futuro.  Per questo consiglio di leggere questo diario soprattutto come un documento storico utile per comprendere cosa è veramente stata la Grande guerra. E per comprendere altresì i travagli politico-intellettuali e i cambiamenti di orizzonte mentale che essa ha determinato in Mussolini come in milioni di italiani”.

 

 

 

 

 

 

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