Bufera anche su Ciao Darwin: i casting selezionano omofobi e razzisti

21 Gen 2016 10:19 - di Priscilla Del Ninno

Dal tappeto verde agli studi tv. Dagli insulti a bordo campo tra allenatori, alle polemiche sotto i riflettori tra istituzioni e media: torna in scena l’eterna diatriba tra detrattori e sostenitori del politicamente corretto che non vede diversità tra omo ed etero sessualità: e così, anche un programma scherzoso come Ciao Darwin, che da sempre si richiama all’italica propensione a dividersi tra guelfi e ghibellini, amanti della Lollo e fan della Loren, tifosi di Coppi e appassionati di Bartali, finisce nel mirino delle recriminazioni sociologiche, accaparrandosi l’attenzione del pubblico prima ancora della messa in onda. E il sempreverde dibattito sui diritti civili di coppie omosex e di fatto torna strenuamente alla ribalta. Anzi, sul set tv…

Ciao Darwin, è polemica sui casting alla ricerca del “diverso” politicamente scorretto

La vicenda si riassume in poche battute, è lo strascico polemico che durerà decisamente più a lungo: dunque, Mediaset ha fatto un casting a Torino per cercare omofobi e razzisti. L’obiettivo è selezionare uomini o donne «contrari all’integrazione degli stranieri in Italia» e «contro i diritti delle unioni gay», per farli partecipare – e scannare davanti alle telecamere – alla nuova edizione del programma Ciao Darwin. Fin qui, nulla di nuovo, se non fosse che la notizia, arrivata alle orecchie dell’assessore all’Immigrazione e alle Pari Opportunità della Regione Piemonte, Monica Cerutti, ha cominciato a lievitare e a gonfiarsi di significati che vanno ben oltre il format del programma, e magari le intenzioni degli autori, almeno da quanto visto fin qui nelle passate edizioni, più inclini ad accattivarsi telespettatori attraverso la provocazione facile, che a proporre accademiche questioni etico-politiche. Ma tant’è: una volta messa in moto la macchina della recriminazione, si è passati alla segnalazione del caso all’Unar, Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali. Perché, afferma l’assessore, «le istituzioni non possono continuare a predicare nel deserto». Ma dove erano gli assessorati, i rappresentanti istituzionali, i malpancisti e i polemisti, e chi più ne ha, più ne metta, quando tra i banchi della stessa trasmissione negli anni passati sfilavano parate di «grasse» contro «magre», delle sante contro le dissolute, e così via? Chi stabilisce quando un’offfesa diventa un torto istituzionale e quando no? Chi definisce gravità o meno dell’ironia spettacolare indirizzata contro dei soggetti deboli che finiscono, a torto o a ragione, volenti o nolenti, al servizio di una scaletta televisiva? E in base a quale teorema sociologico? Un tornaconto politico? Gli emendamenti a un disegno di legge in agenda?

La Regione Piemonte contro Ciao Darwin e, già che c’era, contro Mediaset…

Resta da vedere, poi, come verranno presentate a argomentate le scelte di questi figuranti chiamati a fare da portabandiera comici a ben più serie questioni morali e sociali, e se saranno davvero più o meno convinti assertori e attendibili sostenitori – al di là dello spettacolo – del politicamente scorretto. Come pure è da vedere che valore o disvalore verrà affibbiato al messaggio omofobo e xenofobo preventivamente denunciato senza considerare che, in merito a Ciao Darwin, va detto innanzitutto che è l’intrattenimento – almeno così è sempre stato fin qui – al di là delle polemiche strumentali o di più o meno opportune denunce e recriminazioni etiche, la mission numero uno del programma. Una considerazione che non va trascurata o taciuta che non ha comunque fermato l’assessore piemontese che, già che c’era – perché no? – ha calcato la mano contro la trasmissione e Mediaset che la propone. «È inaccettabile – si è affrettata a commentare l’assessore a sostegno delle sue argomentazioni civili urlando alla “discriminazione” – che in un momento nel quale l’odio nei confronti del diverso è sempre maggiore, ci siano programmi televisivi che vogliono alimentare xenofobia e omofobia. Ci sono milioni di persone che purtroppo affidano la propria informazione esclusivamente alla televisione, ed è impensabile che questa parli loro attraverso stereotipi, populismi e strumentalizzazioni». Tanto rumore per nulla? Si vedrà… Del resto anche scomodare Shakeaspeare per ironizzare e intrattenere sui vizi antropologici e i difetti culturali dei nostri connazionali alla sbarra mediatica sarebbe davvero troppo…

 

 

 

 

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