Uscito dal carcere, reclutava terroristi. Col “permesso” della giustizia italiana

7 Dic 2015 13:29 - di Valeria Gelsi
terroristi isis

È una vicenda che mostra quanto larghe siano le maglie della giustizia in Italia quella dell’iracheno Majid Muhamad, arrestato dalla Digos di Bari con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, ma in realtà – secondo gli investigatori – artefice dell’ingresso in Europa di numerosi terroristi islamici, in particolare legati al gruppo Ansar al Islam. Muhamad, infatti, aveva già scontato dieci anni in Italia per terrorismo internazionale, ma, finita la condanna, aveva vinto il ricorso contro un decreto di espulsione e così era rimasto libero di circolare e organizzare i suoi traffici a sostegno del jihad.

Ma l’accusa è solo di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina

Muhamad, incriminato proprio nell’ambito di una indagine sul terrorismo di matrice islamica, secondo gli investigatori, ha promosso, diretto e organizzato l’ingresso illegale in Italia di numerosi stranieri, fornendo documenti falsi e occupandosi della loro sistemazione. Soprattutto, però, le indagini, che fanno riferimento al periodo tra marzo e settembre di quest’anno, hanno accertato attraverso le intercettazioni che l’iracheno aveva contatti con diversi soggetti ritenuti contigui al terrorismo, alcuni dei quali arrestati dalla Procura di Roma. Le telefonate partivano verso diversi numeri internazionali di Stati esteri tra i quali, oltre all’Iraq, dove il 45enne ha moglie e figli, Francia, Germania, Regno Unito, Repubblica Ceca, Tunisia, Norvegia, Grecia, Svizzera, Romania e Afghanistan. La Dda ritiene che Majid Muhamad volesse «riaccreditarsi nuovamente agli occhi dei suoi interlocutori» e «rappresentare per essi ancora un punto di riferimento importante nel gruppo di matrice terroristica».

Già condannato per terrorismo internazionale

Per il suo passato da terrorista Muhamad è stato dieci anni in carcere in Italia. Scarcerato a gennaio di quest’anno, era in libertà dopo aver vinto un ricorso contro un provvedimento di espulsione emesso dal prefetto di Cosenza e dopo aver trascorso un breve periodo nel Cie di Bari. Proprio qui, secondo quanto emerso dalle indagini, aveva stretto contatti con cittadini di varie nazionalità (marocchini, tunisini, georgiani) assurgendo presto a ruolo di loro leader. Gli stranieri si incontravano in un kebab del centro di Bari, che poi l’uomo avrebbe anche acquistato.

I contatti in carcere con altri terroristi

Ad incastrare Muhamad non ci sono solo le telefonate verso numeri sospetti. Nel corso delle perquisizioni sono stati trovati lettere connesse al jihad e un quaderno su cui appariva evidenziato il nome di Bassam Ayachi, l’imam del Belgio assolto alcuni anni fa dalla Corte di Appello di Bari dopo essere stato arrestato, processato e condannato in primo grado per terrorismo internazionale. Majid probabilmente aveva conosciuto Ayachi durante la detenzione nel carcere di Benevento. Gli agenti hanno trovato anche numerose cartoline postali, sul cui retro erano riportate, scritte con penna biro, frasi in lingua araba. Si tratterebbe di messaggi scambiati con altri detenuti negli anni della sua carcerazione, tutti accusati di reati di terrorismo internazionale.

I motivi della condanna a dieci anni

Secondo la precedente condanna, il 45enne iracheno apparteneva a una cellula con base in Italia, e in particolare a Parma, e inserita nella black list dei gruppi terroristici internazionali, fondata nel 2001 dall’emiro Mullah Krehar, attualmente in Norvegia. Il ruolo di Muhamad, come si legge negli atti notificati dalla procura di Bari, era quello di «raccordo tra i capi dell’organizzazione transnazionale e l’attività dei membri della cellula italiana, con particolare riferimento all’approvvigionamento di documenti falsi» e all’accoglienza «in alcuni campi di addestramento dislocati nel Kurdistan e nella Siria, volontari per la jihad reclutati in Europa».

Il ruolo dell’iracheno nel terrorismo internazionale

L’organizzazione, sempre secondo quanto accertato dagli investigatori di Milano, avrebbe fatto arrivare, in quegli anni, sullo scenario di guerra irachena centinaia di combattenti di cui almeno cinque sarebbero morti in attentati kamikaze contro obiettivi americani. Nell’ottobre del 2002 Majid Muhamad aveva lasciato l’Italia per recarsi in Siria, da dove faceva la spola con il Kurdistan iracheno, occupandosi di gestire i volontari che dall’Italia venivano inviati dalla rete riconducibile ad Ansar al Islam nei campi di addestramento per poi combattere contro l’esercito americano.

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *