Renzi: «Sono io il più bello del reame». Ma descrive un’Italia che non c’è
«Con questo governo si registra la vittoria della politica contro il populismo per 4 a 0 e il risultato, anche grazie alle riforme, come quelle elettorale e del Senato, è un paese solido e stabile». Chi si attendeva un premier imbarazzato nella tradizionale conferenza stampa di fine anno, è rimasto deluso: sull’argomento banche il Matteo Renzi non tradisce patemi. Manco lo sfiora il pensiero di dedicare una riflessione non convenzionale al tema del conflitto d’interessi che pure è costato un dibattito parlamentare con annessa mozione di sfiducia individuale al ministro Maria Elena Boschi, il “pezzo” più pregiato del governo ma anche quello più esposto sul pasticciaccio dell’Etruria. Il premier preferisce prenderla alla larga: «Non c’e’ rischio sistemico, le banche italiane – assicura – sono molto più solide di tante banche europee e non cambierei il sistema bancario con quello tedesco nemmeno sotto pagamento». L’unico riferimento al calvario dei risparmiatori gli serve per attaccare la «strumentalizzazione» del suicidio del pensionato di Civitavecchia da parte di Beppe Grillo.
Renzi sempre ossessionato dai «gufi»
Per il resto, è il Renzi di sempre, tutto effetti speciali e carica da imbonitore: ai primi affida un riflessione quasi personale («questo sarà il mio ultimo ruolo pubblico come è naturale che sia. Quando hai fato questo ruolo dopo lasci»), al secondo il compito di rimarcare l’importanza del passaggio da una legislatura «strascicata» ad una in grado di fare le riforme e di eleggere il presidente della Repubblica. Le slide non mancano neanche quest’anno. La novità rispetto al 2014 è che sono “anti-gufi”. Ogni slide è divisa in due parti: in quella superiore campeggia il fumetto di un gufo con un messaggio di diffidenza o pessimismo; nella parte superiore viene riportato, in diretta corrispondenza all’argomento “toccato” dal gufo, l’obiettivo raggiunto, secondo Renzi, dal suo governo. Ancora un po’ e bisognerà ricorrere alla Lipu. Ovviamente alla categoria dei “gufi” Renzi iscrive l’intera opposizione, in particolare quanti hanno bollato come «mance e mancette», quel che invece il premier rivendica come «denaro» messo in settori come «scuola università, cultura, servizio civile».
«La disoccupazione? Ancora troppo alta»
Ma quali sono i “miracolosi” risultati vantati da Palazzo Chigi? Innanzitutto, è tornata la fiducia. In Italia «c’è un indice di fiducia spaventosamente alto: quello dei consumatori è a quota 117,6 mentre un anno fa era a 97,4». Questi «20 punti» di differenza – azzarda il premier – dimostrano un «paese che si sta rimettendo in moto». E la disoccupazione? «Ancora molto alto, troppo alto, ma è all’11,5 per cento», ammette Renzi un minuto prima di difendere la sua riforma: «Quando ti capita di essere fermato da un ragazzo che ti dice “ti ringrazio perché ho un contratto a tempo indeterminato” ti rendi conto che tante polemiche sul jobs act hanno visto il 2015 portare un po’ di chiarezza, ci sono più tutele non meno tutele. Tuttavia ancora non basta, non sono soddisfatto del risultato». Infine, un annuncio: «Se il 2015 è stato l’anno delle riforme, il 2016 sarà l’anno dei valori». Il resto è nebbia fitta.