Petizione contro CasaPound e FN. Per gli antifascisti le opinioni sono reato
“Il fascismo non è un’opinione come le altre, è un crimine”. Con questa sentenza inappellabile si apre lo spot (promosso da una galassia di sigle antifasciste, tra cui Fiom, Cgil, Rifondazione e Anpi) che invita a firmare una petizione rivolta al presidente della Repubblica e a quello del Senato per mettere fuori legge i movimenti neofascisti e neonazisti. Nel mirino sigle come CasaPound e Forza Nuova e gli altri gruppi che organizzano raduni e feste in Lombardia e a Milano. Gli ultimi meeting di questo genere, tra cui quello a Rogoredo, un quartiere periferico di Milano, di fine novembre non hanno in verità creato problemi di ordine pubblico e dunque la pretesa delle sigle pro-censura ha il solo fine di destare allarme e di configurare un reato di opinione. Il che, per i paladini della democrazia e della libertà, non è proprio il miglior lasciapassare possibile. La raccolta di firme “antifa” è un vecchio metodo di demonizzazione che la sinistra utilizza nei confronti della destra ma è proprio grazie a questo sistema che le “estreme” si fortificano e si legittimano a vicenda. Nulla di nuovo sotto il sole, perciò: il vero fine di queste petizioni è dare una “mission” agli antifascisti radicali perché in realtà essi sono ormai marginali e inutili nel panorama politico. Infatti al fine di promuovere la petizione sono annunciate manifestazioni e concerti. In pratica è il vecchio antifascismo militante che cerca di sopravvivere a se stesso dopo mezzo secolo, come se non avesse già creato troppo odio e troppa violenza nei cosiddetti anni di piombo.