Sondaggio, il 65% degli italiani è per l’impegno nel Mediterraneo e non in Afghanistan

3 Nov 2015 15:50 - di Aldo Di Lello

Afghanistan no, Mediterraneo sì. Il 65% degli italiani pensa che non ha più molto senso mantenere un contingente militare nel lontano Paese centroasiatico e che occorra invece concentrare gli sforzi nelle aree di crisi più vicine alla Penisola. È il risultato di un sondaggio condotto da Arnaldo Ferrari Nasi . Da questo sondaggio emergono due dati di un certo interesse. Il primo, più politico, è che gli italiani non sembrano condividere la geostrategia dal governo Renzi: mantenimento del contingente in Afghanistan (su richiesta di Obama) e basso profilo militare nel Mediterraneo. Il secondo dato del sondaggio, più culturale, è che l’opinione pubblica del nostro Paese, anche se attualmente contraria all’impegno in Afghanistan, non è aprioristicamente “pacifista”, ma piuttosto orientata verso un tipo di impegno volto alla salvaguardia della sicurezza e dell’interesse dell’Italia. «La premessa – dice  Ferrari Nasi illustrando i dati del sondaggio –  è ancora una volta ricordare come il cittadino italiano non sia per nulla contro le missioni internazionali e tantomeno è in lui vi sia qualcosa che possa richiamare all’antimilitarismo. Anche dagli ultimi studi sull’argomento (raccolti nel saggio Forze Armate e Pubblica Opinione) si è visto come il 65% degli italiani abbia fiducia nelle Forze Armate e come esso sia il dato più alto rispetto a tutte le altre istituzioni. Come per i due terzi occorre che ogni governo abbia come priorità avere Forze Armate efficienti e affidabili; come per il 72% serve un esercito forte al di là del sistema di alleanze. Inoltre, tre su quattro considerano l’importanza dell’industria militare come impulso economico e occasione di lavoro; per il 68% la tecnologia e la ricerca in ambito militare porta spesso a sviluppi in campo civile; per il 76% la capacità tecnologica militare italiana deve essere a livello dei migliori paesi stranieri».
Un altro mito che va sfatato è quello del nostro popolo indifferente alle questioni militari. «L’italiano – continua il sociologo –  dimostra di conoscere cosa sia lo strumento militare, di comprenderne il ruolo, l’utilizzo. È per questo motivo che alla notizia del piano del Governo per un incremento dell’impegno italiano in Afghanistan nel 2016, è probabile che non abbia condiviso la decisione».
Non è però sempre stato così. In passato l’orientamento era diverso.«Come registrato lo scorso anno, il sostegno alla missione è calato di oltre venti punti percentuali in meno di dieci anni: nel 2006 era del 69%, con meno di un quarto di contrari, mentre nel 2014 risultava 47%, la minoranza, oltretutto superata dagli sfavorevoli, al 48%. È venuto a mancare il sostegno dei giovani, in altre occasioni i più entusiasti dell’azione delle nostre Forze Armate, e il consenso nel Nord Italia, che invece ne 2006 era oltre la media nazionale». Da che dipende questo cambiamento? «Non è più il solo fatto – conclude Ferrari Nasi – che la missione afghana sia oltremodo lunga, costosa, lontana, ad aver raffreddato gli animi. Oggi ci sono problemi molto più vicino a noi che meriterebbero una più attenta presenza italiana. Lo pensa il 65% della cittadinanza, secondo cui “l’Italia dovrebbe immediatamente uscire dall’Afghanistan e concentrarsi sulle nuove aree di crisi del Mediterraneo”. Ricorda un po’ Tito Livio: mentre a Roma si discute, Sagunto viene presa; con il centrodestra ed i grillini che spingono di più ed il Pd, sulla questione, meno caldo».

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