Matteo Renzi la spara grossa: “In sei mesi rimetteremo in piedi Roma”

1 Nov 2015 8:43 - di Redazione
roma campidoglio

Ha aspettato in un silenzio forzato che Ignazio Marino fosse definitivamente fuori dal Campidoglio. E solo ieri sera, a cose fatte, Matteo Renzi ha messo la faccia sulla nuova fase che inizia proprio oggi per la Capitale: «Dire “sono cittadino romano” era un vanto, ora è motivo di preoccupazione e scandali- dice al Tg Uno della sera il premier. Con il lavoro di Tronca, Gabrielli e dei collaboratori ridaremo ai romani fiducia ed entusiasmo». La scommessa è iniziata, dunque.

La Capitale diventa, soprattutto per volontà di Renzi, una città gestita direttamente dal governo.

Una congiura? Una trama di Palazzo contro l’ex sindaco-chirurgo? «Basta chiacchiere – chiude la vicenda il premier -, passiamo ai temi concreti. Ma quale complotto! Ma quale mandante! Una città funziona se il sindaco riesce a sistemare le strade e far andare gli autobus. Se non funziona, bisogna prenderne atto. E 26 consiglieri comunali, pur di mettere fine a questo balletto indecoroso, si sono di messi. Si sono dimessi loro, hanno rinunciato alla poltrona con un grande gesto di stile».

La visione di Renzi: Marino è andato a casa per suoi limiti e suoi errori.

Ma, soprattutto, il passato è passato e manco vale più la pena parlarne. D’altra parte è interesse di Renzi staccarsi fisicamente dall’ex sindaco e dallo psicodramma del Pd romano, gestire la fase commissariale come fosse una “purificazione” in vista delle elezioni, una fase in cui l’esecutivo, e lui in prima persona, mostrano di saper amministrare Roma e rafflusso di pellegrini per il Giubileo. Inevitabilmente le parole del premier tolgono la scena al neocommissario, l’ormai ex prefetto di Milano Francesco Paolo Tronca. Parole interessanti, anche perché sono le uniche, in una giornata in cui i fatti di Roma si sono accavallati alla chiusura dell’Expo, ad andare oltre lo slogan «portiamo nella Capitale il modello-Milano». Uno slogan bipartisan, un mantra partito da quando Raffaele Cantone, presidente dell’Anticorruzione, ha definito Milano «capitale morale» e Roma atta «senza anticorpi», riporta “Avvenire”.

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