Persino Hollande ha scoperto che la bandiera è l’anima di un popolo. E da noi?

27 Nov 2015 12:57 - di Silvano Moffa

La Francia si ritrova unita nel tricolore. Il presidente Hollande ha chiesto ai francesi di esibire la bandiera in occasione della commemorazione delle vittime del terrore. Richiesta più che giusta, comprensibile, condivisibile. Segno di sensibilità patriottica. Richiamo alla solidarietà nazionale, all’unione per far fronte a un nemico subdolo, orrendo, impietoso, che si nasconde nelle pieghe di una società finora accogliente, fin troppo aperta agli  immigrati,  che ha fondato sull’idea di una difficile, improbabile assimilazione, il mito illusorio della tranquilla convivenza. In ogni parte del mondo, la bandiera rappresenta l’anima, il sentimento di un popolo. Evoca appartenenza, comunità di destino. Suscita emozione. Come l’inno nazionale. E’ il drappo che racchiude storia, sofferenza, sacrificio, eroismo di un popolo. Bandiera e Marsigliese, in questi giorni difficili per la Francia (non solo per i francesi), assumono un valore ancor più pregnante e profondo. Secondo Repubblica lo sventolio delle bandiere e i cori della Marsigliese sollecitati dal governo socialista hanno un significato particolare: è la sinistra che si riappropria dei simboli che ha creato e che la destra, e ancor più l’estrema destra, gli aveva sottratto. Una chiave di lettura che appare francamente sbilanciata dal punto di vista storico e fin troppo ad uso e consumo delle prossime vicende elettorali (fra qualche giorno ci saranno le consultazioni elettorali e il Front National di Marie Le Pen è in forte ascesa dappertutto). Molto più semplicemente, Hollande si è reso conto del clima che si respira nel Paese, sa che di fronte alla violenza cruda e bestiale del terrorismo jihadista occorre esibire una solidità comunitaria, un ritrovato senso di appartenenza alla nazione. Con il nemico alle porte e dentro casa, che altro fare se non stringersi in una corale, non ipocrita unità politica e sociale? Semmai va detto che il ritrovato patriottismo socialista, espresso nell’esibizione della bandiera, trova poi un limite in quel laicismo ostentato orgogliosamente ad ogni pie’ sospinto. Voletene un esempio recente? Eccolo. Sta girando e facendo discutere molto, da qualche giorno, il vademecum della laicità pubblicato dall’associazione dei sindaci francesi. Un  lungo elenco di raccomandazioni e consigli per aiutare il cittadino ad essere un laicista provetto. Un guida che va dal rispetto dell’égalité fillese-garcons alla neutralité républicain, dove, tra l’altro, si sottolinea che “la presenza dei presepi di Natale nelle sale dei municipi è incompatibile con la laicità”. Laicismo  inteso quindi come rinuncia al proprio credo religioso, alla cristianità, alle proprie radici, alle proprie tradizioni.  Come se la Francia, con le sue chiese, le abbazie, il suo immenso patrimonio storico e culturale, non serbi semi sufficientemente forti e rigogliosi per evitare di confondere laicità e sentimento religioso. E’ qui, su questo versante, che si alimenta il fondamentalismo. E la bandiera non può bastare.

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