Non si toglie il velo e perde il lavoro. Strasburgo dà ragione alla Francia
La Francia non ha violato il diritto al rispetto della libertà di religione di un’impiegata pubblica a cui non è stato rinnovato il contratto come assistente sociale in un ospedale, a causa del suo rifiuto a togliere il velo durante l’orario di lavoro. Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti umani in una sentenza in cui ricorda che la legge francese prevede limitazioni a manifestare la propria appartenenza religiosa, con lo scopo legittimo di proteggere i diritti altrui. I fatti risalgono al 2.000, quando il dirigente delle risorse umane dell’ospedale pubblico di Nanterre, vicino a Parigi, comunica a Christiane Ebrahimian che il suo contratto a tempo determinato non sarà rinnovato perché la donna rifiuta di togliersi il velo e alcuni malati hanno presentato ricorso contro di lei per questo. Nella sentenza i giudici affermano che «l’obbligo di neutralità imposto agli impiegati pubblici può essere considerato come giustificato nel suo principio» e che le restrizioni imposte trovano il loro fondamento nel principio di laicità dello Stato francese.
Un’altra sentenza di Strasburgo si aggiunge così ad altri analoghi pronunciamenti sulla stessa materia. Anche lo scorso anno la Corte europea dei diritti dell’uomo,respinse il ricorso presentato da una donna per poter indossare il burqa, sempre in -Francia. Venne respinto perché la Corte giudicò «legittima» la decisione dello Stato d’oltralpe di vietare il velo islamico per «garantire le condizioni della vita associata». Anche da noi in Italia, una delle conseguenze dei fatti di Parigi è stata qualla di riproporre la questione del divieto del velo per motivi di sicurezza: indumenti che alterano o coprono del tutto i tratti somatici di questi tempi sono guardati con sospetto.