Mafia Capitale, anche i Rom si sentono “danneggiati” e chiedono il risarcimento

6 Nov 2015 11:58 - di Redazione

Anche Rom, rifugiati e immigrati entrano nel processo di Mafia capitale. Spulciando le carte delle istanze di costituzione di parte civile, al processo che vede alla sbarra il sodalizio di Salvatore Buzzi e Massimo Carminati, emerge di tutto. Le costituzioni di parte civile vanno dalla Confindustria al ministero dell’Interno, dagli amministratori giudiziari delle cooperative alla Regione Lazio a Roma Capitale e anche all’Ama. Poi ci sono anche una serie di associazioni come Lega Coop e Cittadinanzattiva onlus e Codacons. Ma a sorpresa ci sono anche i rom che, dopo essere stati coccolati dalla giunta Marino, ora s’infilano nel processo Mafia capitale nel tentativo di ottenere un risarcimento.

Mafia Capitale, 37 i rom costituiti parte civile

I giudici dovranno vagliare la richiesta di 37 nomadi di origine bosniaca del campo di Castel Romano perché «l’associazione mafiosa e la corruzione – ha spiegato l’avvocato richiedente – ha dissipato fondi che sarebbero dovuti servire per espandere l’area “f” del campo dove forzosamente sono stati trasferiti dal campo di Tor de’ Cenci». Come racconta Il Tempo i vertici dell’organizazione Mafia Capitale avevano ottenuto dal Campidoglio l’appalto per la costruzione di una nuova area del campo per un milione e duecentomila euro.

Nell’elenco anche tre profughi e un pachistano

Nell’elenco di chi chiede il risarcimento ci sono anche i richiedenti protezione internazionale. A pretendere il risarcimento sono tre profughi sudanesi originari del Darfur, ospiti del centro di accoglienza di via Scorticabovea a Roma gestito dalla cooperativa “La Cascina”.  E infine, scrive ancora  Il Tempo, a chiedere i danni patrimoniali e non patrimoniali è anche un ragazzo pachistano. Si chiama Mahamad e dall’agosto del 2013, per un anno, è stato ospite del centro di accoglienza Amahoro di Marcellina, in provincia di Roma, gestita dalla cooperativa “Atlante”  già facente capo a a Sandro Cappellacci, uno dei collaboratori di Salvatore Buzzi. I suoi legali scrivono nell’atto di costituzione: «La gestione mafiosa e corrotta delle risorse destinate all’accoglienza dei migranti ha portato a un sistema di accoglienza estremamente carente dei servizi e disattenti alle necessità e ai bisogni dei richiedenti asilo». Sulle istanze si pronuncerà il tribunale nel corso della prossima udienza fissata per il 17 novembre e che si svolgerà nell’aula bunker di Rebibbia.

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