Mafia, arresti a Corleone. I “padrini” al telefono: «Uccidiamo Alfano»
Colpire il ministro dell’Interno Angelino Alfano, colpevole aver inasprito il 41 bis, e fargli «fare la fine di Kennedy», per aver tradito – questa era la tesi – i voti ricevuti dagli «amici». È quanto ipotizzavano in una conversazione telefonica due mafiosi intercettati nell’ambito di una inchiesta contro il mandamento di Corleone, che ha portato all’arresto di otto presunti appartenenti al cosiddetto “gruppo della stazione”, sodalizio storico del clan Santapaola Ercolano. I reati ipotizzati per gli arrestati, considerati fiancheggiatori di Provenzano nell’ultima fase della sua latitanza, sono associazione mafiosa, rapina aggravata, sequestro di persona ed estorsione.
La presunta rivelazione sull’omicidio Kennedy
«Se c’è l’accordo gli cafuddiamo (diamo, ndr) una botta in testa. Sono saliti grazie a noi. Angelino Alfano è un porco. Chi l’ha portato qua con i voti degli amici? È andato a finire là con Berlusconi e ora si sono dimenticati tutti», si dicevano al telefono i mafiosi Masaracchia e Pillitteri, aggiungendo che «dalle galere dicono cose tinte (brutte, ndr) su di lui». «È un cane per tutti i carcerati Angelino Alfano», è un altro passaggio della conversazione, dalla quale emerge anche quella che sembra una rivelazione sull’omicidio Kennedy: «Perché – chiede uno dei mafiosi – a Kennedy chi se l’è masticato (chi l’ha ucciso, ndr)? Noi altri in America. E ha fatto le stesse cose: che prima è salito e poi se li è scordati».
La solidarietà ad Alfano
«La mafia è stata fortemente ridimensionata, ma rappresenta ancora un pericolo per la Sicilia e per il Paese da non sottovalutare», ha detto il ministro della Giustizia Andrea Orlando, esprimendo «piena solidarietà» ad Alfano, cui è arrivata un’ampia solidarietà. «Ad Alfano – ha detto la presidente della commissione anti-mafia Rosi Bindi – va la nostra piena solidarietà, unita alla certezza che non verrà meno l’impegno dello Stato profuso anche in questa rilevante indagine dell’Arma dei Carabinieri e della Dda di Palermo».