L’opera su Pinelli a Palazzo Marino? De Corato: no, meglio al Leoncavallo

30 Nov 2015 18:40 - di Adele Sirocchi

Gli anarchici milanesi dello storico circolo Ponte della Ghisolfa ricorderanno l’anniversario della strage di Piazza Fontana e la morte di Giuseppe Pinelli il 15 dicembre in maniera atipica, lanciando una campagna affinchè il Comune di Milano ”accetti” in dono una monumentale opera di Enrico Baj (un’installazione di 12 metri per 4 con 18 figure ritagliate nel legno e unite con la tecnica del collage) dedicata ai funerali di Pinelli. Realizzata nel ’72 l’opera di Enrico Baj venne inizialmente donata a Licia Pinelli, vedova del ferroviere anarchico, e non venne mai esposta in pubblico perché doveva essere presentata proprio il 17 maggio del 1972, giorno in cui venne ucciso il commissario Calabresi. In realtà due anni orsono il quadro ebbe una breve esposizione a Palazzo Reale. Poi il silenzio. Nonostante, sottolineano gli anarchici,  reiterati inviti e la raccolta di migliaia di firme affinché il Comune di Milano ne faccia dono ai milanesi esponendola in modo permanente. L’opera, che mostra un uomo (Pinelli) precipitare nel vuoto urlando, ha sempre destato imbarazzo in Italia e la sua prima esposizione risale al 1975 a Firenze: fu esposta all’interno di una Festa dell’Unità.

De Corato: il Comune non accetti l’opera sui funerali di Pinelli

L’iniziativa della mostra “itinerante” dell’opera di Baj ha suscitato una polemica dichiarazione di Riccardo De Corato (FdI): “Gli anarchici espongano l’opera di Baj nei loro centri sociali e il Comune si guardi bene dal riaprire una ferita che a Milano si è chiusa a fatica. L’opera, donata a Licia Pinelli, non venne mai esposta perché doveva essere presentata proprio nei giorni in cui venne ucciso il commissario Calabresi: la storia non è cambiata nel frattempo. Il Comune non accetti di esporre l’opera – aggiunge – non riapra la ferita che ha segnato profondamente Milano e che venne ricomposta nel 2009 con l’incontro tra le vedove Calabresi e Pinelli. Se gli anarchici ci tengono tanto espongano l’opera al Leoncavallo o in qualche centro sociale abusivo. Ma il Comune si guardi bene dall’accogliere l’invito di portarla a Palazzo Marino o altrove”.

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