Dal Centrafrica il Papa lancia un appello ai musulmani: «Uniti per la pace»

30 Nov 2015 15:45 - di Monica Pucci

«Restiamo uniti perché cessi ogni azione che da una parte o dall’altra sfigura il volto di Dio e ha in fondo lo scopo di difendere con ogni mezzo interessi particolari, a scapito del bene comune. Insieme diciamo no a odio, violenza, vendetta, in particolare quella in nome di una fede o di un Dio», sono state le parole del Papa nella moschea di Koundoukou, a circa quattro chilometri da Bangui, ha tributato un forte omaggio al ruolo svolto dai musulmani in Centrafrica per la riconciliazione e contro l’odio interetnico. E al ruolo svolto in questo senso da tutte le religioni e confessioni presenti nel Paese. Un omaggio analogo aveva tributato ieri nella visita alla Facoltà teologica evangelica (Fateb), ma le parole agli islamici suonano ancora più significative, data la connotazione sedicente islamica dei seleka e sedicente cristiana degli antibalaka che ha fatto piombare il Centrafica nella violenza e lo ha portato sull’orlo del genocidio. L’omaggio del Papa è ai leader religiosi e alla Piattaforma per la riconciliazione del Centrafrica guidata dall’imam Oumar Kobine Layama, dal presidente degli evangelici, pastore Nicolas Guerekoyame Gbangou e dall’arcivescovo cattolico Dieudonne Nzapalainga.

Il Papa ha aperto la Porta Santa a Bangui

Proprio a Bangui, domenica, si è svolto l’appuntamento più importante: il Pontefice ha aperto la “Porta Santa” della Cattedrale di Bangui, facendo sì che in Africa l’Anno Santo inizi con una settimana di anticipo rispetto alla Chiesa universale: “Bangui diviene la capitale spirituale del mondo”, ha detto Francesco, prima della cerimonia. L’omelia è stata tradotta simultaneamente in sango e interrotta da numerosi applausi. L’apertura della porta santa, – con la suggestiva formula iniziale “aprite le porte di giustizia”, – segna la prima volta che un Pontefice non apre un giubileo a Roma, il centro della cristianità. «L’anno santo della misericordia – ha detto il Papa improvvisando davanti alla cattedrale – viene in anticipo in questa terra che soffre da anni per l’odio, l’incomprensione, la mancanza di pace. Bangui diviene la capitale spirituale della preghiera per la misericordia; tutti noi chiediamo misericordia, riconciliazione, perdono, per Bangui, per tutta la Repubblica centrafricana e per tutti i Paesi, chiediamo pace, amore e perdono tutti insieme, con questa preghiera cominciamo l’anno santo in questa capitale spirituale del mondo oggi». A più riprese nell’omelia ha invocato pace, “la grazia, l’elemosina della pace”. Per tutto questo primo giorno in Centrafrica ha compiuto gesti di vicinanza al dolore, e di incoraggiamento: lo ha fatto in particolare nella visita al campo profughi i St.Sauveur, dove è stato accolto con un calore grandissimo: «Qui tutti ci hanno dimenticato, ogni tanto parlano di noi, poi se ne dimenticano, solo il Papa si è ricordato davvero, e davvero è venuto a trovarci», hanno commentato alcune suore in servizio al campo.

Una lezione anche alla politica

Papa Bergoglio ha messo la Repubblica centrafricana al centro dell’attenzione mondiale anche con il suo discorso davanti al Corpo diplomatico e al presidente di transizione, signora Catherine Samba-Panza, nel Palais de la Renaissance. Un discorso di grande concretezza: ha espresso il “fervido auspicio che le diverse consultazioni nazionali che si terranno tra poche settimane possano consentire al Centrafrica di intraprendere serenamente una nuova fase della sua storia”. E ha “elogiato gli sforzi” delle autorità nazionali, internazionali e della presidente di transizione per guidare questa fase. Ha chiesto di “costruire dalla meravigliosa diversità del mondo”, evitare “la tentazione della paura dell’altro, di ciò che non ci è familiare, di ciò che non appartiene al nostro gruppo etnico, alle nostre scelte politiche o alla nostra confessione religiosa”.  È andato cioè al centro dei problemi di questo Paese in attesa di elezioni presidenziali più volte rimandate.

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