Teheran dice quello che tutti pensano: in Siria gli Usa appoggiano i terroristi
Se in Occidente è diffusa l’opinione che i raid russi sulla Siria siano diretti non solo contro l’Isis ma soprattutto contro altri gruppi ostili al legittimo presidente Assad, dall’Iran si guarda agli ultimi sviluppi nel Paese alleato in altro modo: sono gli Usa ed i loro alleati ad esitare nella lotta all’Isis, perché la sua sconfitta andrebbe a favore del governo siriano e dell’Iran, contro gli interessi primariamente sauditi. «I russi hanno bombardato gruppi sostenuti dalla Cia che lavorano in piena collaborazione con i qaedisti di Al Nusra», sostiene per esempio Seyed Mohammad Marandi, preside della Facoltà di Studi internazionali dell’Università di Teheran. Il ministro degli Esteri Javad Zarif, rispondendo di recente al New Yorker, ha negato che i primi target russi fossero diversi da Isis e Al Qaeda. «Il primo obiettivo dei raid russi – ha detto – era un nuovo gruppo formato dalla combinazione tra Al Nusra e Ahar al-Shams, chiamato Jaish Al Fatah. Gruppi che cambiano nome ogni giorno ma – aggiunge – finché alcuni Paesi o settori della popolazione sostengono qualunque gruppo con l’idea di indebolire l’Iran vanno incontro al fiasco totale della lotta anti-terrorismo». Zarif si chiede anche chi finanzi l’Isis: «Chi compra il suo petrolio o gli fornisce fondi e mezzi? Quando l’Iran era sotto sanzioni e vendeva anche un solo barile di greggio oltre i limiti, questo era ritenuta una linea rossa» per Teheran. Tuttavia – prosegue Zarif in linea con quella politica del dialogo anche con i suoi storici nemici che tanti guai gli provoca in patria – «bisogna smetterla con la logica che in qualunque conflitto debba esserci un vincente e un perdente, ma serve la più ampia cooperazione internazionale».
L’Iran appoggia il progetto di transizione in Siria
E ricorda il progetto dell’Iran per una transizione in Siria, che passi da un governo di unità nazionale e riforme costituzionali. Quanto sta emergendo finora dai raid russi in Siria e dal loro «forte impatto sulle forze estremiste in Siria, si chiamino Isis, Al Qaida o affiliati di quest’ultima – osserva da parte sua Marandi – è che, contrariamente alle asserzioni del governo Usa e dei media occidentali, il sostegno Usa e della Cia nell’armare tali estremisti è stato molto più esteso di quanto si pensasse». E aggiunge che «questa è la prima volta che questi estremisti sono stati colpiti da raid tanto pesanti», cosa che – osserva – apre interrogativi sui veri obiettivi della campagna aerea Usa. «Non sono d’accordo con la nozione di un conflitto tra un fronte sunnita contro uno sciita», risponde ancora Marandi sul rischio che l’intervento russo possa aggravare questa divisione. «In base a sondaggi condotti da organizzazioni occidentali, la stragrande maggioranza dei siriani non ama il governo Usa, il regime saudita e la politica turca in Siria», mentre il supporto ad Assad giunge da «arabi sunniti, curdi, alawiti, drusi e cristiani». Quindi, prosegue, «sarebbe più appropriato parlare di un conflitto tra il wahabismo (la rigida versione saudita dell’Islam sunnita, ndr) ed i suoi alleati esterni contro il resto della regione». Marandi è inoltre scettico che sulla questione siriana, come ipotizzato da alcuni, si possa applicare il modello di negoziato adottato per l’accordo sul nucleare, anche perché molti in Iran «sono scettici sull’accordo – osserva – e credono che ancora non ci si possa fidare del tutto degli Usa. Non penso che gli iraniani sentano alcun bisogno di inviare truppe in Siria – aggiunge l’analista -. Tuttavia, l’Iran continuerà a fornire consulenti e sostegno logistico». Cosa che non sarebbe stata necessaria, conclude, «se gli Usa e i loro alleati non avessero fornito aiuto agli estremisti attraverso i confini siriani con la Giordania, la Turchia e Israele».