Siria, il Pentagono vuole usare le armi per proteggere i ribelli anti-Assad
Mentre il presidente siriano Assad, con l’appoggio dell’Iran, sta preparando l’offensiva di terra per liberare Palmira dalle mano dello Stato islamico (Isis) gli Usa sono sempre più infuriati per i raid russi in Siria che – secondo i media americani – avrebbero colpito i ribelli anti-Assad addestrati dalla Cia. L’irritazione è giunta al livello di guardia, al punto che il Pentagono lascia trapelare la possibilità di usare la forza militare per proteggere i ribelli se questi vengono bersagliati dai raid del Cremlino. Una contromossa che potrebbe far degenerare la situazione che vede gli Usa sotto scacco per il protagonismo che la Russia sta dimostrando in Medio Oriente (e che dagli anni Settanta non era mai stato così evidente). Il ministro degli esteri russo Lavrov svolge a sua volta la fuzione di ammorbidire i toni, promettendo che presto ci saranno contatti militari della Russia con gli Usa sugli attacchi aerei in Siria alla fine di un maggiore coordinamento delle operazioni.
Margelletti: Putin ha una strategia, l’Occidente no
Ciò che sta emergendo è in ogni caso che la Russia ha una “strategia chiarissima in Siria e la persegue con grandissima lucidità. L’Occidente no”. Così la pensa Andrea Margelletti, presidente del Ce.SI (Centro Studi Internazionali). “Mosca – sostiene Margelletti – ha una strategia coerente con i suoi interessi nazionali: continuare ad essere la realtà di riferimento in Siria e non solo. Si sta giocando un rimodulazione dei rapporti con Washington che va oltre il presidente siriano e riguarda l’intero Medio Oriente”. “L’unico mantra occidentale – rileva il presidente del Ce.Si – è ‘via Assad’, senza che a questo sia accompagnata la presentazione di alcun candidato credibile per sostituirlo”. E anche se fosse confermato, come ha sostenuto il senatore Usa John McCain, che alcuni dei raid aerei compiuti dalla Russia in Siria hanno colpito i combattenti del Free Syrian Army, addestrato ed equipaggiato dalla Cia, non ci sarebbe alcuna contraddizione con le affermazioni del ministro degli Esteri russo Serghiei Lavrov, secondo il quale i ribelli non sono un “gruppo terroristico” ma “dovrebbero essere parte della soluzione politica”. Ma “la partita è molto più grande e non coinvolge solo Assad, che in teoria potrebbe essere anche sacrificabile in nome di un interesse maggiore. La partita si gioca tra Russia e Stati Uniti. Sono loro gli attori veri, e non Assad”, sottolinea Margelletti, che ricorda anche la presenza e il ruolo nella regione di protagonisti del calibro di Turchia e Iran. Il problema, per il presidente del Ce.SI, è “l’insipienza dell’Occidente che pensa di risolvere i problemi militarmente e non politicamente”. La politica estera, conclude, “non è un fast-food da portare via e consumare in fretta, ma un piatto che va cucinato lentamente e gustato con calma”.