Non bastava il Nobel per la Pace a Obama. Ora vogliono darlo alla Merkel

8 Ott 2015 12:48 - di Priscilla Del Ninno

Il Nobel per la Pace potrebbe andare ad Angela Merkel: incredibile, ma vero. E così, dopo il riconoscimento ad Obama, ora gli accademici svedesi puntano sulla cancelliera tedesca: ma siamo proprio sicuri che gli insigni giurati del Premio più prestigioso e famoso del mondo abbiano ben chiaro il concetto di pace e pacifismo?

Il Nobel per la Pace alla Merkel?

Ma tant’è: e così, in attesa della prognosi definitiva che verrà sciolta solo il 9 ottobre ad Oslo, sul web impazzano polemiche e facile ironia sulla possibile scelta che vede svettare su tutti – e sono 273 i candidati nominabili – proprio l’integerrimo capo del governo teutonico. Peraltro, per l’attribuzione dell’ambìto riconoscimento, la Markel risulta davvero in eterogenea compagnia, gareggiando idelamente con competitor del calibro di Papa Francesco e con l’agenzia Onu per i rifugiati: si accettano scommesse, e i bookmakers sono pronti a raccogliere la sfida. Una sfida che sta incuriosendo – e non poco – anche perché il Premio Nobel per la Pace è uno dei più attesi, e quest’anno a contenderselo saranno appunto quasi 300 nomi fra figure di spicco della politica, associazioni, medici, e personalità che si sono messe in evidenza per particolari meriti. E allora, ci si chiede, date queste premesse, il binomio Merkel e pace mal si combinerebbe, specie se consideriamo il fatto che nella scorsa edizione della manifestazione accademica svedese, il riconoscimento è stato assegnato congiuntamente all’attivista indiano per i diritti dei bambini Kailash Satyarthi ed alla giovane pachistana Malala Yousafzay, finita tre anni prima nel mirino violento dei talebani per essersi battuta in nome dei diritto all’istruzione delle donne. Chiaro no?

Nobel, la questione profughi al centro della scena

Ma così è, o almeno così sembra essere: il Nobel potrebbe andare davvero alla Merkel che, dopo la linea dell’intransigenza, prova ad aprire a più riprese i confini della Germania ai profughi siriani. Una politica vincente agli occhi dell’opinione pubblica internazionale, e che ben si coniuga con quella dell’uomo di Pace per eccellenza, Papa Bergoglio, che notoriamente celebra urbi et orbi la liturgia dell’accoglienza, e, ovviamente, anche con l’operato dell’Unhcr, l’associazione per i rifugiati delle Nazioni Unite che si occupa da anni della questione, intervenendo in tutto il mondo con attrezzature, medicinali, cibo, allestendo i campi. Sono questi, allora, i soggetti in pole position per la conquista del Nobel per la Pace, confermando quando ipotizzato soprattutto in queste ore: il dramma dei migranti sarà, qualunque sia il destinatario del prestigioso riconoscimento, comunque al centro della scena accademica di Oslo. Un parterre che, al momento, favoriti e non, oltre a Papa Francesco – dato insieme alla Merkel tra i preferiti per il ruolo esercitato nel disgelo fra Stati Uniti e Cuba e in generale per le aperture dimostrate su alcuni temi – vede anche le nobili presenze di John Kerry e Mohammad Javad Zarif, ministro degli Esteri iraniano per lo storico accordo raggiunto sul nucleare fra l’amministrazione Obama e Teheran, così come non mancano nomi meno conosciuti come il ginecologo congolese Denis Mukwege, che ha aiutato migliaia di donne vittime di violenza in Congo e Novaya Gazeta, il giornale d’opposizione russo per cui lavorava la giornalista uccisa nel 2006, Anna Politkovskaya.

Angela Merkel, l’“outsider” del Premio

Tra tutti, allora, spicca il niome della cancelliera che, con un pizzico di sana ironia, si potrebbe dire «dovrà davvero fare la brava» – e uscire dal ruolo di dura e pura che la contraddistingue – almeno ancora per qualche ora. Forse anche un po’ per questo, evidentemente profondamente calata nel ruolo di donna di pace da incoronare ad Oslo – e a dispetto delle battaglie da lei capitanate a muso duro a Strasburgo come a Berlino – in spregio di sondaggi e aspre critiche interne, la Merkel dimostra di insistere ad andare dritta per la sua strada sui profughi: il diritto all’asilo non si tocca, dichiara a destra e a manca,e e la Germania, travolta da un flusso di richiedenti spaventoso nell’ultimo mese, può e deve gestire comunque questa sfida, che – la cancelliera ne è certa – il Paese riuscirà a superare. La prospettiva di un Nobel per la pace, o anche soltanto la sua candidatura, potrebbe insomma avere già fatto un certo effetto su Frau Merkel, che ora come non mai ostenta una particolare sensibilità sul tema dei profughi e che, ad arte, ricorda di essere pur sempre la figlia di un pastore. Ma può davvero bastare per strappare ad altri contendenti il prestigioso Premio Nobel per la Pace? Ai giurati di Oslo l’ardua sentenza…

 

 

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