Ncd prepara le carte del divorzio da Renzi: “Scegli, o noi o i gay”
È giunto il momento di rimettere in primo piano i valori. Sulle unioni civili è spaccatura profonda, Il ddl Cirinnà è stato “incardinato” al Senato ma le proteste non si placano. Nel mirino c’è l’accelerazione della tempistica per arrivare all’approvazione a inizio 2016 e la genitorialità omosessuale. È il punto determinante sul quale si profila un addio tra il Nuovo Centrodestra e il governo Renzi. «Sapevamo che questo momento sarebbe arrivato. Un ciclo finisce e altre storie sono destinate ad aprirsi, con nuovi presupposti, idee e speranze per le quali ci batteremo, in modo democratico e con la stessa responsabilità di sempre, fino a vederle prevalere». Sembrano ultimativi i termini usati dal giornale online “L“Occidentale”, organo molto vicino al Ncd, a proposito del rapporto con il premier alla luce delle scelte sulle unioni civili.
Ncd, sui valori meglio dirsi addio
«Ogni storia – si legge – inizia e finisce. Inizia con dei presupposti, delle idee e delle speranze. Finisce quando quei presupposti si realizzano grazie alle idee che li sorreggevano, trasformando le speranze in fatti, e anche quando la realtà si incarica di mostrare i limiti di quelle speranze. Così avviene per una parte del centrodestra italiano dopo la fine del Pdl, con l’esperienza del governo Letta prima e delle larghe intese con Renzi dopo». «Il presupposto – prosegue l’editoriale dell’“Occidentale” – era rimettere in piedi l’Italia, riformare le istituzioni e il sistema economico, renderli competitivi a livello europeo e nella sfida globale. La speranza era che finalmente si scendesse dalle barricate del ventennio (anti)berlusconiano, un’epoca di conflitti che avevano ridotto all’impotenza la politica, e reso il Paese un vaso di coccio tra vasi di ferro. Oggi quei presupposti sembrano realizzarsi. La riforma costituzionale votata, che si aggiunge ad altri risultati ottenuti sul versante del lavoro e dell’economia, ha segnato un importante giro di boa». Ma adesso sembra giunto il momento di dirsi addio, ma «non perché ci sia bisogno di risalire sulle barricate e neppure perché di colpo si voglia azzerare quanto è stato fatto fino ad ora, oppure fermarsi. Bensì, più semplicemente, perché è venuto il momento di tornare alla dialettica sui valori, una delle poche cose che in un’epoca postideologica come l’attuale restano a definire confini, identità e appartenenze. E dunque: da una parte chi crede che una coppia gay possa sposarsi e avere un bambino, pagando una donna perché lo porti in grembo e poi lo ceda, dall’altra chi pensa a difendere la famiglia naturale». “Strappando” sulle unioni civili, scegliendo un’altra maggioranza, «il Partito democratico renziano dimostra di voler essere un classico “partito pigliatutto”» all’americana, che cerca voti al centro quando si va alle urne, ma non può ambire a rappresentare i valori di moderati, liberali e conservatori.
Unioni civili, un macigno divisivo
La volontà del Pd di imporre, con l’aiuto di Sel e 5 stelle, una legge tutta orientata alla genitorialità omosessuale divide la Nazione più ancora che il Parlamento. «In tutti i sondaggi la nostra società tanto è favorevole a regolare i diritti di convivenza delle coppie omosessuali quanto risulta contraria alla cura di minori. È questo il macigno divisivo che accompagnerà l’iter parlamentare», dichiara in una nota il presidente della commissione lavoro del Senato, Maurizio Sacconi. «È un bene che Forza Italia abbia assunto una linea chiara al Senato dicendo apertamente no all’adozione per coppie omosessuali», aggiunge il senatore Maurizio Gasparri. «Dal confronto con il capogruppo Romani e con tanti altri senatori – prosegue – è emersa questa posizione che difenderemo con decisione in Aula contro un provvedimento sbagliato, che si spinge fino ad aprire alla pratica dell’utero in affitto». Gasparri accusa il Pd di aver «voluto in maniera propagandistica forzare la mano incardinando un testo sul quale non c’è stato alcun confronto in commissione, in palese violazione dell’art. 72 della Costituzione e dell’art. 44 del Regolamento. «Se fossero stati in buona fede, – prosegue GAsparri – avrebbero lasciato che il provvedimento fosse esaminato nella sede opportuna, dove avremmo potuto evidenziare che il nostro ordinamento prevede già ampie tutele per i bambini rimasti, ad esempio, orfani di uno dei due genitori. Siamo disgustati da quanto sta accadendo al Senato. Ma su questi temi non si illudano di avere vita facile. Daremo battaglia».