Giornalista inglese trovata morta ad Istanbul: suicidio o omicidio?

19 Ott 2015 15:04 - di Bianca Conte

Giornalista inglese morta a Istanbul, impiccata nel bagno dell’aeroporto Ataturk: per ora, questa è l’unica certezza nel mistero che avvolge la morte della cinquantenne Jacqueline Anne Sutton. Se sia suicido – come è stato inizialmente sostenuto da un’agenzia di stampa statale – o, come rilanciato dagli amici della professionista britannica, un omicidio, è ancora presto per dirlo: saranno le indagini a chiarirlo.

Giornalista inglese morta a Istanbul

nella ricerca della verità, la strada che separa ipotesi investigative e riscontri scientifici è ancora lunga da percorrere: ma per gli amici e i colleghi della giornalista inglese morta in Turchia, trovata impiccata con dei lacci da scarpe nei bagni dell’aeroporto, c’è già un punto di partenza indiscutibile: la donna non può essersi tolta la vita. Destituendo di fondatezza l’ipotesi di suicidio, tutti quelli che conoscevano Jacqueline Anne Sutton – ex giornalista britannica della Bbc e operatrice di organizzazioni non governative – sostengono insistentemente quanto e perché, a questo punto, sul caso «serve un’indagine internazionale, non solo locale». Per loro non c’è alcun dubbio: le cose non starebbero come ricostruito dall’agenzia di stampa statale Anadolu, e dunque Jacqueline Anne Sutton non si sarebbe suicidata impiccandosi. Ad alimentare il giallo intorno alla vicenda, peraltro, ci sarebbe la testimonianza resa agli inquirenti da alcune persone, le quali avrebbero raccontato di aver visto la donna visibilmente agitata per aver perso il volo che avrebbe dovuto portarla a Erbil, in Iraq, previsto 15 minuti dopo la mezzanotte, e che poi, con fare nervoso, avrebbe anche spiegato ai dipendenti del terminal di non avere il denaro necessario per comprare un nuovo biglietto aereo.

Il giallo delle circostanze della morte

Dunque, le circostanze della morte appaiono via via le il tempo passa sempre più misteriose, tanto che la richiesta di un’indagine internazionale – come detto mossa per primi dagli amici della vittima – si sta facendo di ora in ora sempre più insistente, specie sui social network. Una richiesta giustificata anche alla luce del ruolo esercitato dalla donna in una zona di guerra e di persecuzioni: in Iraq, infatti, la Sutton dirigeva il think tank Iwpr (Institute for War and Peace Reporting) e stava conducendo alcune inchieste sulla condizione femminile nell’Isis: un tema non proprio indolore e immune da rischi da affrontare e sviscerare al fronte. Non solo: a destare sospetti, adesso più che mai, è anche il destino del suo predecessore all’Iwpr, Ammar Al Shahbander, ucciso con altre 17 persone in un’autobomba esplosa a maggio a Baghdad: un precedente che, a poche ore dalla morte della giornalista britannica, potrebbe acquisire nuovi, inquietanti, significati…

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